A seguito dell’introduzione dei nuovi limiti massimi del compenso base spettante ai revisori dei conti (contenuti nel Decreto Ministero dell’Interno 21 dicembre 2018, pubblicato sulla G.U. n. 3 del 4 gennaio 2019), è facoltà dell’Ente locale, nell’ambito della propria discrezionalità, procedere ad un rinnovato giudizio circa l’adeguatezza dei compensi originariamente liquidati e, se del caso, provvedere ad una rideterminazione degli stessi al fine di ricondurli nei limiti di congruità e di adeguatezza, previa attenta verifica della compatibilità finanziaria e della sostenibilità dei nuovi oneri: è il principio ribadito dalla Corte dei Conti, sez. reg. contr. Piemonte, nella delib. n. 32 del 10 aprile 2020, confermando l’orientamento espresso dalla Sezione delle Autonomie nella delib. n. 14/2019.
L’eventuale adeguamento non ha effetto retroattivo e decorre dalla data di esecutività della deliberazione di rideterminazione del compenso, assunta dall’organo consiliare ai sensi degli artt. 234 e 241 TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000).
In particolare, in base all’orientamento nomofilattico sopra richiamato, il Consiglio, competente a determinare il compenso in discorso, dovrà verificare se la misura del compenso inizialmente deliberata dall’Ente locale si manifesta chiaramente non più rispondente ai limiti minimi di congruità ed adeguatezza che, anche sulla base di principi derivanti dall’ordinamento comunitario, sono considerati esistenti in materia e, previa verifica della compatibilità finanziaria e della sostenibilità dei nuovi oneri, adottare i conseguenti provvedimenti necessari per riportare il compenso ad un livello conforme ai suddetti parametri.