Rappresentanza del Comune nel giudizio tributario: non serve la procura al responsabile ufficio tributi

L’aspetto relativo alla qualifica rivestita dal funzionario nell’amministrazione di appartenenza è regolato per gli enti locali dall’art. 11, c. 3, dello stesso d.lgs. 546/1992 (gli altri commi contengono analoghe disposizioni in relazione ad altre amministrazioni parte del giudizio tributario), ai sensi del quale detto ente può stare in giudizio anche mediante il dirigente dell’ufficio tributi, ovvero, per gli enti locali privi di figura dirigenziale, mediante il titolare della posizione organizzativa dell’unità in cui è collocato l’ufficio tributi.

Il riferimento alla congiunzione “anche” (dunque, oltre le previsioni dell’art. 50 del TUEL – d.lgs. 267/2000 -, che individuano nel Sindaco il rappresentante istituzionale dell’ente) costituisce il punto di approdo di quel processo evolutivo che ha interessato nell’ordinamento il tema dibattuto della rappresentanza dell’ente locale nel giudizio tributario e che, come ricordato dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Lombardia, nella delib. n. 37/2025/PAR, depositata il 5 marzo 2025, ha condotto al riconoscimento in capo ai dirigenti ovvero agli esponenti apicali della struttura burocratico-amministrativa dell’ente locale della rappresentanza processuale, quale sbocco eventuale, ma fisiologico della pretesa impositiva.

Essendo abilitati per legge a stare in giudizio, in luogo del Sindaco, nel caso in cui il comune non intenda conferire un incarico ad un professionista del libero foro, i soggetti indicati dall’art.11, comma 3, vale a dire il dirigente, quale espressione del proprio potere gestionale, ovvero, negli enti privi di figura dirigenziale, il titolare di posizione organizzativa, non necessitano di procura (cfr. Cass. Civ., V, 9905/2012).

La Cassazione ha precisato, al riguardo, che l’ente locale, nei cui confronti è proposto il ricorso, può stare in giudizio, dinanzi alle commissioni tributarie, mediante il Dirigente dell’Ufficio Tributi, da intendersi come il Dirigente responsabile dell’Ufficio dello specifico tributo oggetto di lite, o, in mancanza, mediante il titolare della posizione organizzativa comprendente l’Ufficio Tributi, dovendo verificarsi la necessità, o meno, di una specifica autorizzazione da parte di altri organi in base alle previsioni dello statuto comunale (così, Cass. Civ., V, 26719/2016; cfr., altresì, Cass. Civ., 13230/2009, che ha riconosciuto la possibilità per il dirigente di delegare, con apposita determinazione, un funzionario dell’unità organizzativa da lui diretta a sottoscrivere e presentare l’impugnazione).

Circa l’aspetto remunerativo di detta attività, destinato a confluire nella retribuzione accessoria del personale indicato dalla norma, oggetto di regolamentazione ed interpretazione dei contratti collettivi, ricorda la Sezione delle Autonomie che, trattandosi di attività resa da specifici soggetti per tutti i giudizi tributari, è remunerata con incentivi specifici in aggiunta alla retribuzione, che sono alimentati con le risorse previamente acquisite e riscosse dall’ente locale e, per tale motivo, da ritenersi sottratte al limite previsto dall’art. 23, comma 2 del d.lgs. n. 75/2017 (Sez. Aut., delib. n. 18/2024/QMIG, che cita il pronunciamento dell’Aran n. 1660/2014; cfr., inoltre, art. 20, c.1, lett. h, ccnl 16.11.2022, che indica, tra i compensi che possono essere erogati ai titolari di incarico EQ, in aggiunta alla retribuzione di posizione e di risultato, “i compensi connessi agli effetti applicativi dell’art. 12, comma 1, lett. b), d.l. n. 437/1996, conv. ex l. 556/1996 – spese del giudizio”, vale a dire i compensi previsti dall’art. 15, c.2 sexies, d.lgs. 546/1992 – l’art.12 citato, infatti, ha inserito nell’art. 15 d.lgs. 546/1992 il comma 2 bis, disposizione poi “scivolata”, ad opera del d.lgs. n. 156/2015, al comma 2 sexies).

Sempre nella deliberazione citata (n. 18/2024), la Sezione delle Autonomie aggiunge che tali risorse devono essere gestite sulla base di una specifica norma regolamentare interna, intesa a disciplinare, nell’ambito delle indicazioni dei rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro, le modalità applicative dell’incentivo, il quale si differenzia dai compensi professionali dei legali interni, che costituiscono, invece, quota parte della retribuzione ordinaria.

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