Assoluzione con formule meramente processuali: non spetta il rimborso spese al dipendente locale

Requisito necessario per procedere al rimborso delle spese legali è costituito dalla sussistenza di una sentenza di assoluzione (cfr. art. 86, comma 5, TUEL, art. 3, c. 2-bis della legge 20 dicembre 1996, n. 639) ovvero di definitivo proscioglimento nel merito (art. 10 bis della l.n. 248/2005), ovvero di una sentenza o provvedimento che escluda la responsabilità (art. 18, comma 1, del d.l. 25/3/1997, n. 67).

In modo ancora più chiaro, l’art. 31 c.g.c. richiede una “sentenza che esclude definitivamente la responsabilità amministrativa per accertata insussistenza del danno, ovvero, della violazione di obblighi di servizio, del nesso di causalità, del dolo o della colpa grave”.

A fronte del chiaro tenore letterale delle diverse normative intervenute nel tempo, la giurisprudenza ordinaria e contabile non ha mai riconosciuto il rimborso delle spese legali nel caso di proscioglimento con formule meramente processuali (ad esempio: per amnistia, prescrizione, rimessione querela) e non liberatorie: è quanto evidenziato dalla Corte dei conti, sez. giuris. Campania, nella sent. n. 509/2024, depositata lo scorso 14 ottobre.

La Corte dei conti, SS.RR., con sent. n. 3 del 27 giugno 2008, ha affermato che “In applicazione dell’art. 10 bis comma 10 del d.l. n. 203/2005 convertito nella legge n. 248/2005, non spetta al convenuto prosciolto per prescrizione dell’azione di responsabilità il rimborso da parte dell’amministrazione di appartenenza delle spese per onorari e diritti di difesa e non sussiste nemmeno, per conseguenza, l’obbligo del giudice contabile di liquidare le spese stesse”.

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