Assenza arbitraria dal luogo di lavoro del dipendente dell’ente locale: scatta la responsabilità erariale

Come è noto, a seguito della contrattualizzazione a regime di diritto privato del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti (c.d. “privatizzazione”), la materia dell’orario di servizio e dell’orario di lavoro è stata disciplinata dall’art. 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (che ha abrogato l’art. 60 del D. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29) il quale, nel fissare regole e criteri per l’articolazione dell’orario di servizio nelle Amministrazioni Pubbliche, ha introdotto e definito i concetti dell’orario di servizio, dell’orario di apertura al pubblico e dell’orario di lavoro (e relative articolazioni), e precisato, inoltre, che “l’orario di lavoro, comunque articolato, è accertato mediante forme di controllo obiettivo e di tipo automatizzato” (comma 3).

Successivamente, diverse Direttive/Circolari del Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio (n. 8/93 del 9 marzo 1993; n. 3/94 del 16 febbraio 1994; n. 7/95 del 24 febbraio 1995 e n. 21/95 dell’8 novembre 1995) hanno ribadito che “l’osservanza dell’orario di lavoro costituisce un obbligo del dipendente pubblico, anche del personale con qualifica dirigenziale, quale elemento essenziale della prestazione retribuita dalla Amministrazione Pubblica” e che “l’orario di lavoro, comunque articolato, deve essere documentato ed accertato mediante controlli di tipo automatici ed obiettivi, come disposto dalle vigenti normative in materia”.

Sempre ai sensi delle citate disposizioni regolamentari, i sistemi automatizzati di rilevazione dell’orario di lavoro devono “essere utilizzati per determinare direttamente la retribuzione principale e quella accessoria, da corrispondere a ciascun dipendente”, così che “ad ogni eventuale assenza, totale o parziale dal posto di lavoro (che non sia giustificata dalla vigente normativa in materia) consegue – oltre alla proporzionale automatica riduzione della retribuzione – anche l’attivazione, da parte dei Dirigenti responsabili, delle procedure disciplinari previste dalla normativa vigente”.

Già dall’introduzione di dette disposizioni, anche “i permessi brevi fruiti dai dipendenti pubblici per esigenze personali” devono essere autorizzati e recuperati successivamente, secondo modalità definite dal Dirigente, il quale diviene responsabile dell’osservanza dell’orario di lavoro da parte del personale dipendente, tanto che eventuali violazioni dei dirigenti responsabili e del personale dipendente, conseguenti a dolo o colpa grave, che comportano una mancata prestazione, con relativo danno erariale, concretano una violazione penale, oltre che responsabilità disciplinare e contabile.

Inoltre, sullo specifico aspetto, il D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (come modificato dall’art. 69, del D.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, in attuazione della delega di cui all’art. 7, della legge 4 marzo 2009, n. 15) ha previsto sanzioni disciplinari (art. 55 quater) e penali (art. 55 quinquies) nelle ipotesi in cui il dipendente attesti falsamente la propria presenza in servizio, stabilendo che il medesimo dipendente è obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione, nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno all’immagine subiti dall’amministrazione (cfr. art. 55 quinquies).

La giurisprudenza contabile ha affermato che, in presenza di accertata dolosa o colposa inadempienza nella dovuta prestazione lavorativa (con riferimento, ovviamente, ad assenze non giustificate), il danno è quanto meno pari alla spesa sostenuta dall’Amministrazione Pubblica datrice di lavoro per la retribuzione complessivamente erogata a favore dei dipendenti pubblici, fatti salvi comunque gli ulteriori danni che possono essere stati causati nella gestione dei servizi ai quali i predetti dipendenti pubblici erano addetti o preposti.

Alla luce del quadro ordinamentale complessivo, come ricordato dalla Corte dei conti, sez. giurisd. Sardegna, nella sent. n. 145/2024, depositata il 10 settembre 2024, l’allontanamento del dipendente dal luogo di lavoro appare giustificato solo dalla presenza di predeterminate esigenze, subordinate ad autorizzazione specifica, ovvero regolamentate dalla contrattazione collettiva, e deve essere, comunque, oggettivamente rilevato e rilevabile (attraverso i sistemi automatizzati, laddove, come nel caso di specie, installati), sia nelle ipotesi in cui il tempo trascorso fuori dall’ufficio debba essere recuperato, sia nei casi contrari, essendo, come più volte specificato, la presenza nel luogo di lavoro il parametro al quale ancorare la retribuzione.

Nel caso specifico affrontato dai giudici sardi, era stata l’accertata l’assenza arbitraria e non giustificata di un dipendente di una Città Metropolitana, con la conseguenza che la Corte ha condannato detto dipendente al danno patrimoniale rapportato alle ore di assenza dal servizio e al danno di immagine (quest’ultimo pari al doppio del primo).

I giudici hanno, altresì, escluso la possibilità di compensazione fra le ore di lavoro in eccesso svolte dal dipendente nella medesima giornata in cui si era assentato arbitrariamente.

 

 

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