La determinazione del fondo rischi da contenziosi esige un controllo minuzioso e puntuale del contenzioso ad esso afferente, dovendosi escludere sia un controllo a campione sia una quantificazione forfettaria del rischio di soccombenza e dovendosi ritenere inderogabile un’analisi specifica delle singole poste e partite: è quanto ribadito dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Basilicata, nella delib. n. 40/2024/PRS, depositata lo scorso 11 aprile.
I giudici hanno ricordato che, già in precedenza, la giurisprudenza contabile ha avuto modo di sottolineare che “La quantificazione del fondo per il contenzioso richiede un attento e costante monitoraggio sulle liti, per le quali occorre procedere quanto meno annualmente alla stima del rischio di soccombenza e alla verifica del loro andamento” e che, a tale riguardo, occorre dotarsi “di un’apposita banca dati o, comunque, di un sistema di analisi e di stima delle controversie” (sez. reg. di contr. Regione Siciliana, delib. n. 6/2019/SS.RR./PARI).
La classificazione delle passività potenziali, come noto, va svolta secondo i gradi del certo, del probabile, del possibile, e del remoto, dovendosi effettuare la distinzione tra debiti certi, passività probabili, passività possibili e passività da evento remoto secondo i seguenti criteri:
– il debito certo (indice di rischio 100%) è l’evento che si è concretizzato in una sentenza esecutiva, ma momentaneamente sospesa ex lege;
– la passività “probabile” (indice di rischio superiore al 51%) è quella in cui rientrano i casi di provvedimenti giurisdizionali non esecutivi, nonché i giudizi non ancora esitati in decisione, per cui sia stato formulato un giudizio di soccombenza di grande rilevanza, ed impone un ammontare di accantonamento che sia pari almeno alla suddetta percentuale (cfr. documento OIC n. 31 e la definizione dello IAS 37, in base al quale l’evento è probabile quando si ritiene sia più verosimile che il fatto si verifichi piuttosto che il contrario);
– la passività “possibile” (indice di rischio tra il 10% ed il 49%) è quella in relazione alla quale il fatto che l’evento si verifichi è inferiore al probabile (cfr. documento OIC n. 31, nonché dello IAS 37);
– la passività da evento “remoto” (indice di rischio inferiore al 10%), non prevede, infine, alcun accantonamento.
Sul punto, la giurisprudenza contabile, pur riconoscendo le difficoltà implicite nella valutazione dei rischi derivanti dal contenzioso, ha evidenziato che “è necessario che l’ente faccia delle opportune e precise valutazioni (in parte, inevitabilmente, discrezionali) sulle variabili sopra indicate, che incidono direttamente sulla quantificazione del fondo. In particolare, la ragionevole determinazione della probabilità di soccombenza e dell’importo da corrispondere alla controparte sono elementi imprescindibili per consentire all’ente una corretta quantificazione degli impatti sul bilancio derivanti dal contenzioso, e la conseguente necessaria copertura attraverso un apposito accantonamento. Il metodo delineato dal principio contabile, pur con le sue difficoltà applicative, è l’unico che consente all’ente una quantificazione verosimile dei potenziali effetti nefasti del contenzioso, e ai soggetti esterni la verifica della congruità dell’accantonamento” (Corte dei conti, sez. reg. di contr. Toscana, delib. n. 168/2022).