È fondamentale che l’ente provveda a verificare le ragioni del mantenimento dei residui attivi e passivi (cfr. art. 3, comma 4, del D.lgs. n. 118/2011), effettuando una rigorosa verifica della sussistenza della fondatezza giuridica e dell’esigibilità dei crediti accertati, dell’affidabilità della scadenza dell’obbligazione prevista in occasione dell’accertamento o dell’impegno, del permanere delle posizioni debitorie effettive degli impegni assunti, della corretta classificazione e imputazione dei crediti e dei debiti in bilancio, e conseguentemente provveda al mantenimento dei residui attivi e passivi che possiedano tutti i requisiti previsti dai vigenti principi contabili (cfr. punto 9.1 dell’Allegato 4/2 al D.lgs. n. 118/2011): è quanto ribadito dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. per la Basilicata, nella delib. n. 7/2024/PRSE, pubblicata lo scorso 6 febbraio.
I giudici lucani hanno evidenziato che, sebbene il punto 9.1 dell’Allegato 4/2 al D.lgs. n. 118/2011 non imponga automaticamente la cancellazione dei residui attivi trascorsi tre anni dalla scadenza del credito non riscosso, tuttavia il mantenimento di quelli più risalenti costituisce un’evenienza eccezionale che deve essere oggetto di adeguata ponderazione da parte dell’ente locale (cfr. Corte dei conti, Sez. Reg. Contr. Lombardia, deliberazioni nn. 171/2023/PRSE, 17/2022/PRSP, 174/2022/PRSP, 315/2021/PRSP).
La Corte ha, perciò, invitato il Comune, in sede di riaccertamento dei residui attivi e passivi, a garantire la veridicità dei risultati di amministrazione, eliminando, in particolare, i residui attivi fondati su ragioni di credito insussistenti o per i quali non è più percorribile fruttuosamente l’esazione del credito stesso, verificando invece, per quelli passivi, le ragioni che impediscono il loro smaltimento.