È legittima la decadenza dall’incarico del revisore che falsamente dichiara un incarico precedente: è quanto affermato dal TAR Sicilia, Palermo, sez. II, nella sent. 1° febbraio 2024, n. 380.
Nel caso specifico, l’interessato aveva dichiarato, ai sensi degli artt. 46 e 47 del DPR n. 445/2000, di aver ricoperto l’incarico precedente per un periodo di tempo non inferiore ai tre anni e di accettare la condizione automatica di decadenza dalla nomina qualora, in sede di verifica, una o più dichiarazioni rese con l’istanza di partecipazione fossero risultate non veritiere.
Dopo la nomina da parte del Consiglio quale Presidente dell’organo di revisione, a seguito delle verifiche, si riscontrava che l’incarico dichiarato era stato svolto, in realtà, per circa due anni e non tre.
I giudici hanno evidenziato che, in questi casi, l’applicazione dell’art. 75 del DPR n. 445/2000 comporta l’automatica decadenza dalla nomina, non residuando, nell’applicazione della predetta norma, alcun margine di discrezionalità alle Amministrazioni che, in sede di controllo (d’ufficio) ex art. 71 del medesimo Testo Unico, si avvedano della (oggettiva) non veridicità delle autodichiarazioni, posto che tale norma prescinde, per la sua applicazione, dalla condizione soggettiva del dichiarante, attestandosi (unicamente) sul dato oggettivo della non veridicità delle dichiarazioni.
La giurisprudenza del Giudice d’appello ha avuto modo di chiarire che la ratio del citato art. 75 è quella di semplificare l’azione amministrativa, facendo leva sul principio di auto-responsabilità del dichiarante; con la conseguenza che la non veridicità di quanto dichiarato rileva sotto un profilo oggettivo e conduce alla decadenza dei benefici ottenuti con la dichiarazione non veritiera, indipendentemente da ogni indagine dell’Amministrazione sull’elemento soggettivo del dichiarante, atteso che non vi sono particolari risvolti sanzionatori in gioco, ma solo la necessità di una spedita esecuzione della legge sottesa al sistema di semplificazione (ex multis, di recente, Consiglio di Stato, sez. V, sent. 6 luglio 2020, n. 4303; sez. VI, sent. 20 agosto 2019, n. 5761).
Ne consegue, ulteriormente, che la disposizione non lascia margini di discrezionalità alle amministrazioni e non chiede alcuna valutazione circa il dolo o la colpa grave del dichiarante (Consiglio di Stato, sez. V, sent. 15 marzo 2017, n. 1172).
Secondo i giudici, inoltre, in ragione della rilevanza e della delicatezza dei compiti che la legge affida ai revisori degli enti locali, chiamati ad una generale attività di collaborazione con l’organo consiliare di tali enti, ed a rendere pareri su tutti i più rilevanti atti di programmazione economico finanziaria la previsione in parola non sia affatto irragionevole, è richiesta, in sostanza la piena affidabilità dei soggetti investiti delle citate funzioni: di conseguenza, la sanzione dell’automatica decadenza dalla nomina per il candidato che abbia reso dichiarazioni non veritiere appare del tutto congrua e proporzionata rispetto alle peculiari funzioni attribuite all’organo di revisione, ed all’ulteriore circostanza evidenziata dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. C.G.A.R.S., sent. 22 dicembre 2015, n. 736) che, a tutela della sua indipendenza, tale organo è sostanzialmente inamovibile e l’incarico ad esso conferito è irrevocabile solo in ipotesi eccezionali.