Il dirigente comunale non può richiedere direttamente un parere alla Corte dei conti

Deve ritenersi inammissibile per difetto di legittimazione interna la richiesta di parere avanzata dal dirigente comunale alla Corte dei conti: è quanto affermato dalla sez. reg. di controllo per la Liguria nella delib. n. 100/2023/PAR, depositata lo scorso 2 ottobre.

Come è noto, l’art. 7, comma 8, della Legge n. 131/2003 attribuisce alle regioni, ai comuni, alle province e alle città metropolitane la facoltà di richiedere pareri in materia di contabilità pubblica alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti.

Per quanto concerne l’ammissibilità soggettiva, la deliberazione n. 11/2020/QMIG della Sezione delle Autonomie ha chiarito che i limiti della funzione consultiva attribuita alla Corte dei conti attengono, quanto al profilo soggettivo, sia all’ente che ha la capacità di proporre l’istanza, sia al soggetto che può effettuare formalmente la richiesta, potendosi, dunque, distinguere una legittimazione soggettiva esterna ed una interna.

Per quanto concerne la prima, questa è riconosciuta, a norma del citato art. 7, comma 8, della Legge n. 131/2003, in modo tassativo, alle regioni – che la esercitano direttamente – nonché a comuni, province e città metropolitane, le cui richieste sono formulate, di norma, tramite il Consiglio delle autonomie locali, se istituito.

La legittimazione soggettiva interna attiene, invece, al potere di rappresentanza del soggetto che agisce in nome e per conto dell’ente nel richiedere il parere. A tal riguardo, nella citata deliberazione n. 11/2020/QMIG, viene chiarito che “tale legittimazione deriva dalla ratio della funzione consultiva intestata dalla legge alla Corte dei conti, quale organo di magistratura indipendente di rilevanza costituzionale, che agisce in posizione di neutralità in un contesto di attribuzione di natura collaborativa nell’interesse generale del sistema delle autonomie locali. Tale funzione non può risolversi in un servizio di consulenza amministrativa generale a favore dei soggetti interni al sistema delle autonomie, ovvero di consulenza amministrativa specifica su singoli atti a favore degli apparati burocratici degli enti territoriali. Consiste, invece, in un’interpretazione di norme fornita in termini di collaborazione istituzionale agli enti territoriali anche al fine del rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e dell’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione Europea richiesto dall’art. 119 della Costituzione. Non può che conseguirne, dunque, l’ammissibilità soggettiva delle sole richieste provenienti dall’organo di vertice politico che detiene la rappresentanza istituzionale dell’ente”.

Ne deriva, pertanto, che, per quanto concerne i comuni la legittimazione soggettiva interna può essere riconosciuta solamente in capo al sindaco, ai sensi dell’art. 50 TUEL, o al vicesindaco qualora siano indicate espressamente le circostanze di cui all’art. 53 TUEL che legittimano l’esercizio delle funzioni vicarie.

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