Sebbene il paragrafo 9.1. del principio contabile applicato della contabilità finanziaria (n. 4.2 del d.lgs. n. 118/2011) non imponga automaticamente la cancellazione dei residui attivi trascorsi tre anni dalla scadenza del credito non riscosso, tuttavia il mantenimento di quelli più risalenti costituisce un’evenienza eccezionale che deve essere oggetto di adeguata ponderazione da parte dell’ente locale: è quanto ricordato dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. per la Lombardia, nella delib. n.171/2023/PRSE, depositata lo scorso 25 luglio, ribadendo un proprio consolidato orientamento (cfr. delib. n. 315/2021/PRSE; n. 17/2022/PRSP; n. 174/2022/PRSP).
Nello specifico, infatti, “l’ente non può limitarsi a verificare che continui a sussistere il titolo giuridico del credito, l’esistenza del debitore e la quantificazione del credito, ma deve anche verificare l’effettiva riscuotibilità dello stesso e le ragioni per le quali non è stato riscosso in precedenza; cosicché ove risulti che il credito, di fatto, non è più esistente, esigibile o riscuotibile entro termini ragionevoli, esso deve essere stralciato dal conto dei residui e inserito nel conto del patrimonio in un’apposita voce dell’attivo patrimoniale fino al compimento del termine prescrizionale (art. 230 del Testo unico sugli enti locali, così come ripreso anche dal punto n. 55 del principio contabile n. 3), al termine del quale deve essere eliminato anche da tale conto, con contestuale riduzione del patrimonio” (Corte dei conti, sez. reg. di contr. Lombardia, delib. n. 60/2021/PRSE richiamata dalla sez. reg. di contr. Puglia, delib. n. 173/2021/PRSP).
I giudici contabili lombardi hanno invitato il Comune, in sede di riaccertamento dei residui attivi, a garantire la veridicità dei risultati di amministrazione, eliminando, in particolare, i residui attivi fondati su ragioni di credito insussistenti o per i quali non è più percorribile fruttuosamente l’esazione del credito stesso.