Reiterato utilizzo dell’anticipazione di tesoreria e delle somme vincolate: il warning della Corte dei conti

Come è noto, il prolungato e continuo ricorso all’anticipazione di tesoreria mette in evidenza una cronica carenza di liquidità, tale da costringere l’ente, in molte occasioni, a contrarre, all’inizio dell’esercizio, nuova anticipazione di tesoreria con la quale rimborsare quella non restituita al termine dell’anno precedente, dando così luogo ad una fittizia chiusura contabile della posizione di anticipazione aperta nei precedenti esercizi.

Come ribadito dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. per le Marche, nella delib. n. 125/2023/PRSP, depositata lo scorso 29 giugno, tale prassi stravolge quella che dovrebbe essere la funzione fisiologica dell’anticipazione di tesoreria, ossia finanziare l’interinale e ordinario sfasamento temporale tra i pagamenti e gli incassi, surrettiziamente trasformandola in vero e proprio strumento di indebitamento patrimoniale, con il quale, in violazione della regola aurea di cui all’articolo 119, comma 6, Cost., viene offerta copertura finanziaria a spese correnti.

I giudici contabili, inoltre, hanno evidenziato che:

  • utilizzare l’anticipazione di tesoreria per “coprire” la mancata ricostituzione delle giacenze vincolate di cassa al termine dell’esercizio non significa altro che, in sostanza, “convertire” in anticipazione di tesoreria l’utilizzo per cassa delle entrate vincolate;
  • sebbene l’elevato e prolungato ricorso all’anticipazione di tesoreria possa contribuire ad un sensibile miglioramento dell’indice di tempestività dei pagamenti, resta il fatto che tale prassi trasforma surrettiziamente, in violazione dell’art. 119, comma 6, Cost., l’indebitamento di tesoreria in vero e proprio indebitamento patrimoniale, ossia da strumento finalizzato al riallineamento cronologico dei flussi di cassa ad illegittima fonte di copertura finanziaria di spese correnti.
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