Far confluire gli accantonamenti finalizzati alla sterilizzazione dei rischi di soccombenza processuale in un unico ed indistinto “fondo rischi per passività potenziali” non appare conforme al § 5.2, lett. h), dell’All. 4/2 al Decreto Legislativo n. 118/2011, nella parte in cui “ritiene necessaria” per l’accantonamento prudenziale di tali risorse la costituzione di un “apposito” fondo rischi, con ciò lasciando chiaramente intendere che l’Ente è tenuto a dare specifica e separata evidenza contabile delle risorse accantonate per fronteggiare le passività potenziali derivanti dai contenziosi pendenti, rispetto a quelle accantonate per fronteggiare altre tipologie di rischi o di passività latenti, anche al fine di agevolarne la valutazione di congruità dell’ammontare: è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. per le Marche, nella delib. n. 125/2023/PRSP, depositata lo scorso 29 giugno.
Nel caso specifico, i giudici hanno stigmatizzato l’operato dell’ente locale che, in sede di rendiconto, aveva accantonato un fondo per passività potenziali nella voce “Altri accantonamenti”, anziché nel previsto e specifico “Fondo rischi contenzioso”. Peraltro, l’assenza dello specifico accantonamento al fondo rischi contenzioso era stato evidenziato anche dall’organo di revisione.
La Corte, inoltre, ha evidenziato dubbi circa la congruità del fondo rischio contenzioso a seguito dell’operato dell’ente locale che, a fronte di un contenzioso pendente stimabile per un valore di circa € 1.700.000,00, aveva disposto un accantonamento prudenziale di soli € 620.245 (ossia, circa il 36,5% del valore complessivo del contenzioso), rivedendo quindi a ribasso l’accantonamento di € 850.000,00, disposto a consuntivo dell’esercizio precedente (pari, invece, a circa il 50% del complessivo valore dei contenziosi processuali pendenti).