La normativa che dispone il blocco della rivalutazione monetaria e degli interessi in relazione ai debiti degli enti locali in stato di dissesto finanziario, di cui all’art. 248 del TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000) deve essere interpretata nel senso che, anche dopo la dichiarazione di dissesto, continuano a maturare sui debiti pecuniari degli Enti dissestati interessi e rivalutazione, restando soltanto escluse l’opponibilità alla procedura di liquidazione e l’ammissione, alla massa passiva, degli interessi e della rivalutazione maturati successivamente alla dichiarazione di dissesto e fino all’approvazione dell’apposito rendiconto: è quanto affermato dal TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, nella sent. 31 maggio 2023, n. 829.
Infatti, l’eventuale dichiarazione dello stato di dissesto finanziario dell’ente locale non preclude che sui debiti pecuniari dello stesso maturino interessi e rivalutazione monetaria, ai sensi dell’art. 1224 c.c., a decorrere dal momento in cui il credito è divenuto liquido ed esigibile; pertanto, la citata disposizione, secondo cui i debiti insoluti alla data di dichiarazione del dissesto finanziario dell’Ente locale non producono interessi, né rivalutazione monetaria ha carattere meramente sospensivo e non preclude all’interessato – una volta esaurita la gestione straordinaria con la cessazione della fase di dissesto – di riattivarsi per la corresponsione delle poste stesse nei confronti dell’ente risanato (TAR Roma, Lazio, sez. II, sent. 18 agosto 2020, n. 9250 e sent. 10 novembre 2010, n. 33361; Consiglio di Stato, sez. V, sent. 19 settembre 2007, n. 4878 e sez. IV, sent. 17 maggio 2005, n. 2469).
Lo stato di dissesto, quindi, in ragione delle norme di settore vigenti può provocare solo una tardiva acquisizione del bene della vita riconosciuto con la sentenza da eseguirsi, quale il pagamento di somme, soltanto ritardata nel tempo dalla necessaria conclusione della procedura di ricognizione debitoria da parte del commissario straordinario, senza che però la misura compensativa data da questa “attesa”, quali sono gli interessi legali, possa essere vanificata.
Né può valere il precedente rifiuto a una transazione nelle more della procedura, dato che è stato anche osservato sul punto che il rifiuto delle transazioni rientra nelle prerogative del creditore e deve considerarsi che, una volta completata la procedura di risanamento finanziario, coloro i quali non hanno voluto accettare la proposta di transazione conservano piene le ragioni creditorie nei confronti dell’ente locale, essendosi in particolare precisato che resta integra – secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata – la facoltà del creditore di esercitare tali diritti nei confronti del Comune, una volta cessato lo stato di dissesto ed esaurita la procedura di gestione straordinaria.
Né per effetto della liquidazione straordinaria in caso di dissesto – che tende al risanamento finanziario dell’ente locale ed a fare fronte ai suoi debiti anche con risorse aggiuntive, derivanti da un apposito mutuo a carico dello Stato – si determina l’estinzione dei crediti, o della parte di essi, rimasti insoddisfatti in sede concorsuale, giacché i crediti non ammessi o residui, conclusa la procedura di liquidazione, potranno essere fatti valere nei confronti dell’ente risanato (così, in termini: TAR Calabria, Reggio Calabria, sent. 6 ottobre 2021, n. 764; v. anche ivi richiamate: Cass. civ., sez. III, sent. 30 gennaio 2008, n. 2095; Corte Cost., sent. n. 269/1998; TAR Lazio, Roma, sez. II, sent. 3 dicembre 2013, n. 10391).