Il costo di riproduzione dei documenti oggetto di accesso è a carico del richiedente

È legittima la richiesta di pagamento del costo di riproduzione degli atti e dei documenti richiesti, in coerenza con quanto stabilito dall’art. 25, comma 1 della Legge n. 241/1990 che, mentre sancisce la gratuità dell’accesso esercitato mediante il solo esame, subordina il rilascio di copia dell’atto al “rimborso del solo costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura”: è quanto affermato dal TAR Puglia, Bari, sez. III, nella sent. 13 maggio 2023, n. 767.

Nel caso specifico, a causa della mole dei documenti oggetto di accesso e del formato speciale di alcuni dei medesimi, l’ente pubblico aveva affidato il compito di riprodurre in copia gli stessi ad una copisteria di fiducia, ritenendo l’inadeguatezza di strumenti propri atti a procedere in house alla copia degli stessi; la conseguente richiesta di rimborso, avanzata dall’ente al privato che aveva presentato istanza di accesso, è stata ritenuta legittima da parte dei giudici baresi.

Già in precedenza era stato affermato che “L’art. 25 l. n. 241 del 1990 consente soltanto il recupero delle spese di riproduzione (normalmente le fotocopie) dei documenti amministrativi, il che vincola l’amministrazione a commisurare l’importo alla quantità di copie richiesta, senza la possibilità di introdurre delle soglie minime. Occorre poi tenere in considerazione i criteri di ragionevolezza e proporzionalità, e dunque la somma richiesta non potrà eccedere i prezzi medi praticati sul mercato, escluso ovviamente qualsiasi utile, non potendo l’amministrazione ricavare profitti dall’esercizio di un’attività istituzionale connessa al diritto di accesso” (TAR Toscana, sez. I, sent. 9 gennaio 2017, n. 11).

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