L’avvocato affidatario, nel corso degli anni, di numerosi incarichi legali di difesa da parte del Comune non può essere nominato responsabile del Settore Avvocatura del medesimo ente locale: è quanto evidenziato dall’ANAC con delibera n. 136 del 4 aprile scorso.
Nel caso specifico, infatti, opera la previsione dell’art. 4, comma 1, lett. c), del Decreto Legislativo n. 39/2013, secondo la quale “a coloro che, nei due anni precedenti, (…) abbiano svolto in proprio attività professionali, se queste sono regolate, finanziate o comunque retribuite dall’amministrazione o ente che conferisce l’incarico, non possono essere conferiti: c) gli incarichi dirigenziali esterni, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici che siano relativi allo specifico settore o ufficio dell’amministrazione che esercita i poteri di regolazione e finanziamento”.
Dalla lettura della disposizione emerge che gli elementi costitutivi della prospettata fattispecie di inconferibilità attengono tanto all’incarico in provenienza quanto a quello in destinazione e sono:
- avere svolto, nei due anni precedenti (c.d. “periodo di raffreddamento”) l’assunzione dell’incarico dirigenziale, attività professionale regolata, finanziata o comunque retribuita dall’amministrazione che conferisce l’incarico (incarico di provenienza);
- assumere un incarico dirigenziale esterno nella P.A. afferente allo specifico settore o ufficio dell’amministrazione che esercita i poteri di regolazione o finanziamento (incarico di destinazione).
Occorre precisare che, come consolidato negli orientamenti dell’ANAC, la ratio sottesa al citato art. 4 è quella di assicurare che i pubblici funzionari agiscano al solo fine di perseguire e massimizzare l’interesse pubblico dominante senza che taluni interessi privati condizionino illegittimamente l’azione amministrativa, innestandosi strutturalmente nella P.A. finanziatrice e/o regolante. Perciò, il legislatore ha precluso a coloro che sono stati (nei due anni antecedenti) sottoposti al potere della P.A. di assumere, nella stessa, funzioni apicali-dirigenziali tali da poter influire sul processo decisionale pubblico, eventualmente deviandolo al soddisfacimento degli interessi privati della categoria professionale di cui l’interessato è espressione.
Con specifico riferimento al caso della attività professionale in proprio, la disposizione intende impedire che, mediante il conferimento di un incarico pubblico, il “professionista/privato” possa piegare le decisioni a vantaggio proprio e/o della propria categoria professionale.