Consultazione opera pubblica e atti connessi: legittimo l’accesso da parte del comitato ambientale

È legittima la richiesta di accesso civico generalizzato avanzata da un comitato ambientale ed avente ad oggetto le osservazioni presentate dal Comune alla società aggiudicataria di un appalto di lavori nell’ambito della procedura di consultazione pubblica sull’opera da realizzare, i successivi riscontri a dette osservazioni, i verbali degli incontri tenuti dal Comune, anche alla presenza di eventuali altre autorità e del pubblico o di terzi, con detta società in relazione al progetto e tutti gli altri tenuti dall’Amministrazione in relazione al medesimo progetto: è quanto affermato dal TAR Marche, sez. I, nella sent. 24 ottobre 2022, n. 614.

Secondo i giudici, infatti, non può negarsi che gli atti richiesti rientrino in quanto previsto dall’art. 5, comma 2, del Decreto Legislativo n. 33/2013, che disciplina il cosiddetto “accesso civico”.  L’ostensibilità di tali atti è assoggettata unicamente ai limiti previsti dall’art. 5-bis della medesima norma; in particolare, possono essere respinte istanze manifestamente onerose o sproporzionate (richieste massive o vessatorie) che implichino un’attività così rilevante da interferire con il valore costituzionale del buon andamento e dell’efficienza amministrativa, nonché richieste pretestuose dettate dal solo intento emulativo, da accertarsi in base a parametri oggettivi.

Fuori da tali ipotesi, la P.A. e il Giudice Amministrativo non possono indagare la motivazione dell’istanza perché se così avvenisse, verrebbe violata la lettera e la ratio della normativa sull’accesso civico generalizzato che è finalizzata ad assicurare la conoscibilità degli atti e delle informazioni detenute dall’amministrazione, senza necessità di indicare le ragioni della richiesta.

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nella sent. n. 10/2022, ha conclusivamente precisato che nell’accesso civico generalizzato la finalità è quella di “garantire il controllo democratico sull’attività amministrativa, nel quale il c.d. right to know, l’interesse individuale alla conoscenza, è protetto in sé, se e in quanto non vi siano contrarie ragioni di interesse pubblico o privato, ragioni espresse dalle cc.dd. eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, commi 1 e 2, del D.lgs n. 33 del 2013”.

Inoltre, non può essere ritenuto un ostacolo alla concessione dell’accesso la circostanza che gli atti siano stati formati da un altro soggetto (nel caso specifico, l’aggiudicatario di un’opera pubblica) o che gli stessi siano stati eventualmente oggetto di separata istanza di accesso presso tale ente.

L’art. 5-bis, comma 2, del Decreto Legislativo n. 33/2013 stabilisce che la richiesta di accesso debba essere rifiutata se il diniego sia necessario per evitare un “pregiudizio concreto” alla tutela di uno degli interessi privati menzionati e le Linee-guida dell’ANAC relative alla citata disposizione hanno precisato che la P.A. “non può limitarsi a prefigurare il rischio di un pregiudizio in via generica e astratta, ma dovrà: a) indicare chiaramente quale – tra gli interessi elencati all’art. 5 bis, co. 1 e 2 – viene pregiudicato; b) valutare se il pregiudizio (concreto) prefigurato dipende direttamente dalla disclosure dell’informazione richiesta; c) valutare se il pregiudizio conseguente alla disclosure è un evento altamente probabile, e non soltanto possibile” (det. n. 1309/2016, par. 5.2).

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