Contenzioso pendente con esito vittorioso in primo grado: l’operatore non può essere escluso dalla gara

La pendenza di un giudizio avverso una sentenza favorevole al concorrente in primo grado non può essere causa di esclusione da una gara d’appalto: è quanto evidenziato dal TAR Molise, sez. I, nella sent. 30 settembre 2022, n. 316.

Nel caso concreto, un operatore economico che aveva preso parte ad una gara indetta dal Comune per l’affidamento del servizio di igiene urbana sull’intero territorio comunale era stato escluso dalla gara  poiché, dalla verifica della documentazione amministrativa, risultava pendente in capo allo stesso un giudizio in appello avverso una sentenza di primo grado immediatamente esecutiva, che lo aveva visto vittorioso nel merito con l’annullamento di tutti gli atti fondanti le pretese impositive provenienti dall’Agenzia delle Entrate e relative al pagamento di imposte, tasse e contributi previdenziali.

L’esclusione risultava basata sull’applicazione all’operatore economico dell’art. 80, comma 4, quinto periodo, del Decreto Legislativo n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), nella parte in cui stabilisce che “Un operatore economico può essere escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se la stazione appaltante è a conoscenza e può adeguatamente dimostrare che lo stesso ha commesso gravi violazioni non definitivamente accertate agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse o contributi previdenziali”.

La formulazione della norma si focalizza specificamente sulla dimostrazione, da parte della stazione appaltante, dell’emergenza a carico del partecipante di “gravi violazioni non definitivamente accertate agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse o contributi previdenziali”. Secondo i giudici, tuttavia, nel caso specifico non poteva dirsi presente -almeno nel periodo rilevante per la partecipazione alla gara- alcun elemento atto a concretizzare una grave violazione degli obblighi fiscali e contributivi: questo per la semplice quanto assorbente ragione che tutti gli atti fondativi delle pretese impositive dell’Agenzia delle Entrate nei confronti del partecipante erano stati già in precedenza annullati con una sentenza di primo grado immediatamente esecutiva, che aveva riconosciuto la loro totale infondatezza nel merito.

Pertanto, nei confronti del concorrente non poteva dirsi fondatamente concretizzata la ricorrenza dei presupposti applicativi del quinto periodo, comma 4, del citato art. 80, dal momento che nessun debito tributario era in essere nel tempo rilevante per la partecipazione alla gara.

In altri termini, la norma, non suscettibile di interpretazioni analogiche perché concernente una causa d’esclusione, si riferisce inequivocabilmente alle gravi violazioni fiscali/contributive comprovate da atti impositivi che, tempestivamente impugnati o meno, risultino, nel periodo rilevanti per la partecipazione alla gara, ancora giuridicamente validi ed efficaci; e tali evidentemente non sono gli atti impositivi già annullati – come nella specie – da una sentenza immediatamente esecutiva, ancorché non definitiva.

Alla luce di quanto precede, le gravi violazioni non definitivamente accertate di cui all’art. 80, comma 4, devono identificarsi in quelle sub iudice che non abbiano ancora formato oggetto di alcuna decisione o che siano state confermate dalle prime pronunce giudiziarie già intervenute.

Infine, è opportuno evidenziare come la causa d’esclusione prevista dall’art. 80, comma 4, quinto periodo non opera in via automatica, ma la sua applicazione risulta rimessa all’apprezzamento discrezionale della stazione appaltante, da motivare in modo congruo. Sul punto i giudici hanno richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “proprio l’ampio potere discrezionale attribuito alle stazioni appaltanti dal legislatore deve essere compensato, a meno di trasmodare in arbitrio, in un attento e puntuale vaglio di tutte le circostanze concrete e nella compiuta esplicazione delle motivazioni a supporto della decisione presa. La discrezionalità che permea la novella introdotta dal D.L. n. 76 del 2020 abbisogna di puntuale esternazione della ratio decidendi, in ordine alla concreta incidenza del requisito carente sulla integrità ed affidabilità dell’operatore.” (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. III, sent. 28 luglio 2022, n. 10712).

 

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