Irregolare vincolare una parte dell’avanzo per fronteggiare i rischi da contenzioso

A fronte di contenziosi pendenti, non è corretto il comportamento dell’ente che, anziché procedere all’accantonamento di un apposito fondo rischi, appone un vincolo formalmente attribuito su una parte dell’avanzo libero: è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. reg. di controllo per l’Emilia Romagna, nella delib. n. 145/2022, depositata lo scorso 7 ottobre, con cui i giudici hanno invitato l’ente a procedere al corretto accantonamento in luogo dell’apposizione del vincolo.

I giudici hanno rammentato che il principio contabile applicato di cui all’Allegato 4/2 al Decreto Legislativo n. 118/2011, al punto 5.2, lett. h), prevede espressamente che “in presenza di una obbligazione passiva condizionata al verificarsi di un evento (l’esito del giudizio o del ricorso), con riferimento al quale non è possibile impegnare alcuna spesa (…). l’ente è tenuto ad accantonare le risorse necessarie per il pagamento degli oneri previsti dalla sentenza, stanziando nell’esercizio le relative spese che, a fine esercizio, incrementeranno il risultato di amministrazione che dovrà essere vincolato alla copertura delle eventuali spese derivanti dalla sentenza definitiva. A tal fine si ritiene necessaria la costituzione di un apposito fondo rischi”. Inoltre, il medesimo punto stabilisce che “In presenza di contenzioso di importo particolarmente rilevante, l’accantonamento annuale può essere ripartito, in quote uguali, tra gli esercizi considerati nel bilancio di previsione o a prudente valutazione dell’ente (…). In occasione dell’approvazione del rendiconto è possibile vincolare una quota del risultato di amministrazione pari alla quota degli accantonamenti riguardanti il fondo rischi spese legali rinviati agli esercizi successivi, liberando in tal modo gli stanziamenti di bilancio riguardanti il fondo rischi spese legali (in quote costanti tra gli accantonamenti stanziati nel bilancio di previsione)”.

Con riferimento alle quote vincolate nel risultato di amministrazione, si richiama il punto 9.2.8, lett. d) del principio contabile applicato di cui all’Allegato 4/2, per il quale esse ricorrono “nei casi in cui la legge o i principi contabili generali e applicati della contabilità finanziaria individuano un vincolo di specifica destinazione dell’entrata alla spesa” (lett. a), sono “derivanti da mutui e finanziamenti contratti per il finanziamento di investimenti determinati” (lett. b), si riferiscono a “trasferimenti erogati a favore dell’ente per una specifica destinazione” (lett. c.) oppure sono “derivanti da entrate straordinarie, non aventi natura ricorrente, accertate e riscosse cui l’amministrazione ha formalmente attribuito una specifica destinazione” (lett. d.). In quest’ultimo caso, la facoltà di vincolare a specifica destinazione tali risorse è esercitabile “solo se l’ente non ha rinviato la copertura del disavanzo di amministrazione negli esercizi successivi, ha provveduto nel corso dell’esercizio alla copertura di tutti gli eventuali debiti fuori bilancio (per gli enti locali compresi i debiti fuori bilancio ai sensi dell’articolo 193 del TUEL, nel caso in cui sia stata accertata, nell’anno in corso e nei due anni precedenti l’assenza dell’ equilibrio generale di bilancio)”.

Da quanto esposto, emerge chiaramente come il corretto strumento previsto dalla disciplina contabile armonizzata per fronteggiare le passività potenziali derivanti da spese per contenziosi sia rappresentato dall’apposito fondo rischi, i cui accantonamenti ed utilizzi sono regolati dalle disposizioni del punto 5.2, lett. h) sopra riportato, anche nel caso in cui si scelga di ripartire l’accantonamento annuale “in quote uguali, tra gli esercizi considerati nel bilancio di previsione o a prudente valutazione dell’ente”.

La Corte ha anche ricordato che, con riferimento al fondo rischi contenzioso, l’organo di revisione dell’ente è tenuto a verificare la congruità degli accantonamenti.

 

 

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