Rispondono di danno erariale (pari al totale degli emolumenti corrisposti negli anni e al danno da disservizio) la commissione che decide l’assunzione di un dipendente comunale privo del titolo di studio richiesto ed il dipendente stesso: è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. giurisd. per l’Umbria, nella sent. n. 54/2022, depositata lo scorso 26 agosto.
Nel caso specifico, il bando per l’assunzione di una risorsa nell’ufficio tecnico comunale richiedeva, quale titolo di accesso, il diploma di geometra; la commissione, ritenendo equipollenti fra di loro il diploma di geometra e quello di perito agrario, non solo ammetteva alle prove selettive un candidato in possesso di questo secondo titolo ma, al termine della procedura, lo dichiarava vincitore e l’ente locale procedeva alla relativa assunzione.
Secondo i giudici, l’immissione in servizio di un dipendente non selezionabile comporta un illecito contabile sia nei confronti della commissione sia nei riguardi del concorrente divenuto, in seguito alla procedura concorsuale, dipendente.
Il principio di legalità in materia di organizzazione amministrativa e quello di accesso ai pubblici uffici attraverso pubbliche selezioni (art. 97 Cost.), implicano che sia il legislatore – attraverso la fissazione in via normativa dei requisiti che devono essere posseduti dai candidati per accedere ad uffici specifici – che l’amministrazione interessata – in sede di redazione del bando, che non può comunque essere contrario alla previsioni di legge – abbiano il compito di stabilire quali siano i requisiti soggettivi di partecipazione, posto che la commissione ha solo il compito, meramente esecutivo ed attuativo (potere vincolato o, al più, “tecnico-discrezionale”), di verificarne la sussistenza o la carena in capo ai candidati.
L’immissione in servizio del dipendente privo di titolo è deducibile sine die, trattandosi di un’ipotesi di “nullità speciale”, finalizzata a garantire interesse pubblici e privati di rilievo. Né lo svolgimento, anche per anni, del dipendente privo di titolo di una funzione pubblica può sanare l’assenza del requisito soggettivo (che deve essere posseduto al termine della scadenza del bando di concorso), non potendo vantare l’interessato un incolpevole affidamento, essendo ben consapevole della carenza del requisito.
La commissione, quindi, in assenza di norme legislative o di espressa previsione nel bando, non poteva ritenere equipollenti due titoli di studio diversi.