Indennità di funzione amministratori locali dipendenti a tempo determinato part-time: i chiarimenti del Ministero

L’amministratore locale che, in qualità di lavoratore dipendente a tempo determinato e part-time che non può usufruire dell’aspettativa non retribuita, non può comunque ottenere l’indennità di funzione in misura piena: è quanto affermato dal Ministero dell’Interno, Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, in un recente parere dello scorso 19 agosto (https://dait.interno.gov.it/pareri/99836).

Vengono in rilievo le norme di cui agli artt. 81 e 82 del TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000).

L’art. 81, rubricato “Aspettative”, per quanto qui interessa, sancisce che: “… i membri delle giunte di comuni e province che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato …”. La disposizione in argomento configura un diritto potestativo degli amministratori locali ivi elencati, che siano lavoratori dipendenti, di essere collocati in aspettativa, funzionale all’attuazione del dettato costituzionale in tema di esercizio di funzioni pubbliche elettive.

Il successivo art. 82, rubricato “Indennità”, statuisce il dimezzamento dell’indennità di funzione per i componenti degli organi esecutivi dei Comuni che, in quanto lavoratori dipendenti, non abbiano chiesto di essere collocati in aspettativa non retribuita. Secondo la Corte dei conti, detta disposizione è funzionalizzata ad indurre gli amministratori ad esercitare a tempo pieno il proprio mandato, attraverso la diminuzione forfettaria dell’indennità loro spettante, in ragione del prevedibile minore impegno dedicato all’espletamento della funzione pubblica, laddove essi decidano di optare per lo svolgimento anche di altra attività lavorativa (cfr. sez. reg. di controllo Puglia, delib. n. 19/PAR/2013).

La giurisprudenza contabile si è prevalentemente orientata a potenziare la ratio della norma dell’art. 82 del TUEL, declinato in armonia con il principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 della Costituzione per cui, a parità di condizioni, si dispongono trattamenti uguali, mentre in presenza di condizioni differenti, sono necessari trattamenti diversi. Alla luce di tale principio, è stato ritenuto che il soggetto che decida di dedicarsi a tempo pieno all’espletamento della funzione pubblica, optando per l’aspettativa non retribuita dal proprio rapporto di lavoro, non può essere posto nella medesima condizione, in termini di corresponsione della indennità di funzione, rispetto a chi decide di continuare a svolgere attività lavorativa dedicandosi solo parzialmente alle esigenze dell’ente locale. Al riguardo, non risulterebbe determinante l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo determinato. Rilevante, dunque, risulta la manifestazione di volontà del lavoratore che non opta per un rapporto di esclusiva nell’espletamento della funzione pubblica e, corrispondentemente, subisce un dimezzamento dell’indennità di funzione.

La Corte dei Conti, in proposito, ha rilevato che la totale dedizione dell’amministratore pubblico al perseguimento degli interessi della collettività dev’essere compensata dalla possibilità di percepire somme idonee a consentirgli di mantenere il necessario grado di indipendenza economica per tutto il periodo di esercizio delle funzioni, osservando che la medesima viene ad assumere minore pregnanza laddove il soggetto interessato percepisca un proprio stipendio come lavoratore dipendente, avendo scelto di non optare per un periodo di aspettativa prevista dalla legge.

Proprio il venir meno della necessità di garantire il sostentamento economico, dunque, giustificherebbe la riduzione dell’indennità del 50% (sez. reg. di controllo Veneto, delib. n. 88/2019/PAR), impedendo, peraltro, la fruizione del doppio emolumento (stipendiale e indennitario) per intero (sez. reg. di controllo Basilicata, delib. n. 92/2017/PAR).

In passato, la Corte dei conti (cfr. SS.RR. per la Regione Siciliana in sede consultiva, delib. n. 26/2013/SS.RR./PAR; sez. reg. di controllo Puglia, delib. n. 75/2019/PAR e sez. reg. di controllo Liguria, delib. n. 109/2018/PAR) ha avuto occasione di evidenziare che l’indennità di funzione va riconosciuta per intero agli amministratori locali che, per legge, non possono avvalersi della facoltà di porsi in aspettativa non retribuita.

Bisogna, tuttavia, tener conto che la magistratura contabile, in tema di rapporto di lavoro a tempo determinato, ha più recentemente modificato parzialmente l’orientamento per cui il dimezzamento dell’indennità di funzione sarebbe correlato esclusivamente alla possibilità di chiedere l’aspettativa: è stato, infatti, precisato che, pur volendo dare rilievo al fatto che il lavoratore a tempo determinato sia tenuto a proseguire nel proprio rapporto di lavoro e non possa essere collocato in aspettativa, egli, di fatto, non può assolvere all’incarico della funzione pubblica a tempo pieno ed esclusivo. Secondo il giudice contabile, nella suindicata ipotesi, riconoscere una indennità piena configurerebbe una disparità di trattamento ed una ingiustificata discriminazione tra l’amministratore in aspettativa non retribuita – con diritto a percepire la sola indennità di funzione – e l’amministratore/lavoratore a termine che, oltre all’indennità in misura piena, acquisirebbe il proprio trattamento stipendiale, per cui sebbene non sia possibile per il lavoratore a tempo determinato essere collocato in aspettativa non retribuita, quest’ultimo non potrà percepire l’indennità di funzione in misura piena (Corte dei conti, sez. reg. di controllo Sardegna, delib. n. 8/2020).

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