Concorre a formare il reddito imponibile del lavoratore dipendente un contributo una tantum in denaro derivante dal risparmio dei buoni pasto non erogati nel 2020: è quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 377/2022, pubblicata lo scorso 14 luglio, secondo cui la trasformazione in denaro non consente di ritenere sussistente la natura di buono pasto.
L’Agenzia ha evidenziato che il contributo in denaro in discorso non è riconducibile ad alcuna ipotesi di esclusione dal reddito di lavoro dipendente prevista per le iniziative di welfare né alle altre ipotesi di esclusione specificamente previste dall’art. 51, commi 2 e seguenti del TUIR; conseguentemente, il predetto contributo, al pari delle altre elargizioni in denaro percepite dai dipendenti in relazione al rapporto di lavoro, dovrà concorrere, pertanto, alla formazione del reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell’art. 51, comma 1, del TUIR, secondo cui costituiscono reddito di lavoro dipendente “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”.