Rilevanza IVA dei contributi in denaro

La materia della rilevanza IVA di un contributo in denaro è stata oggetto di molteplici interventi da parte dell’Agenzia delle Entrate, l’ultimo dei quali si è avuto tramite la risoluzione n. 39/E dello scorso 13 luglio, nella quale sono stati ribaditi i principi ormai consolidati.

Già in passato, con la circolare 22 novembre 2013, n. 34/E – relativa al trattamento IVA applicabile ai contributi erogati da PP.AA. – è stato precisato che un contributo assume rilevanza ai fini dell’IVA se erogato a fronte di un’obbligazione di dare, fare, di non fare o permettere, ossia quando si è in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive. In sostanza, il contributo assume natura onerosa e configura un’operazione rilevante agli effetti dell’IVA quando tra le parti intercorre un rapporto giuridico di natura sinallagmatica, nel quale il contributo ricevuto dal beneficiario costituisce il compenso per il servizio effettuato e/o per il bene ceduto (in tal senso anche le risoluzioni n. 72/E del 3 maggio 1999; n. 54/E del 24 aprile 2001; n. 90/E del 19 marzo 2002; n. 183/E dell’11 giugno 2002; n. 135/E del 23 giugno 2003; n. 100/E del 25 luglio 2005; n. 21/E del 16 febbraio 2005; n. 16/E del 27 gennaio 2006 e n. 473/E del 3 dicembre 2008).

Viceversa, l’esclusione dal campo di applicazione dell’IVA è stata ravvisata ogni qual volta il soggetto che riceve il contributo (beneficiario) non risulta obbligato a dare, fare, non fare o permettere qualcosa come controprestazione (cfr. risoluzioni n. 54/E del 24 aprile 2001; n. 183/E del 11 giugno 2002 e n. 42/E del 16 marzo 2004).

Con la medesima circolare n. 34/E del 2013 è stato ribadito che al fine di accertare se i contributi di cui trattasi costituiscano nella sostanza corrispettivi per prestazioni di servizi, ovvero si configurino come mere elargizioni di denaro per il perseguimento degli obiettivi di carattere generale, occorre fare riferimento al concreto assetto degli interessi delle parti; la corretta qualificazione di una somma come corrispettivo o contributo richiede, altresì, un’ attenta analisi  dell’accordo/provvedimento che ne prevede l’erogazione, al fine di accertare se il soggetto beneficiario del denaro sia tenuto all’esecuzione dell’attività finanziata o sia un mero tramite per il trasferimento delle medesime somme a terzi attuatori.

Lo stesso documento di prassi, nel precisare i criteri generali per la definizione giuridica e tributaria delle erogazioni da parte di Pubbliche Amministrazioni, come contributi o corrispettivi, ha, inoltre, precisato che a volte l’individuazione dei criteri di definizione del rapporto è agevolata dal contenuto precettivo delle norme; in tal senso può affermarsi che l’amministrazione non opera all’interno di un rapporto contrattuale quando le erogazioni sono effettuate in esecuzione di norme che prevedono l’erogazione di benefici al verificarsi di presupposti predefiniti, come nel caso degli aiuti di Stato automatici, ovvero in favore di particolari categorie di soggetti.

Le predette conclusioni sono state confermate anche dalla successiva circolare 11 maggio 2015, n. 20/E, la quale ha precisato il trattamento IVA applicabile ai contributi pubblici relativi alle politiche attive del lavoro e della formazione professionale, ribadendo che l’applicazione dell’IVA ad una determinata operazione presuppone l’esistenza di un nesso di reciprocità fra le prestazioni dedotte nel rapporto che lega le parti (pubbliche o private che siano).

Pertanto, ove sussista il predetto nesso, la prestazione di denaro si qualifica come corrispettivo e l’operazione deve essere regolarmente assoggettata ad imposta; diversamente, ossia in mancanza di un nesso sinallagmatico tra gli importi erogati dalla parte pubblica o privata e la prestazione resa dalla controparte, le erogazioni di denaro si qualificano come contributi, nel senso di mere movimentazioni di denaro, e, in quanto tali, escluse dall’ambito applicativo dell’IVA.

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