Qualunque sottoscrizione, su qualsivoglia atto o provvedimento amministrativo, deve avere necessariamente una funzione sostanziale e tale funzione è tanto più rilevante quanto più elevato è il livello del sottoscrittore che, con l’apposizione della firma, si assume, in tutto o in parte, la responsabilità del contenuto dell’atto e dei suoi effetti: è quanto evidenziato dalla Corte dei conti, sez. giurisd. d’appello per la Regione Siciliana, nella sent. n. 66/2022, depositata lo scorso 22 aprile.
Nel caso specifico, dinanzi ad una mole di pagamenti indebiti, i giudici hanno ritenuto non ricevibile la tesi difensiva dell’interessato che, a suo dire, si era limitato a siglare i mandati predisposti da altro dipendente (già condannato) perché così previsto dalla convenzione di tesoreria: secondo i giudici, un funzionario in posizione apicale, quando sottoscrive un mandato, non pone in essere una mera incombenza formale né la sua sigla può considerarsi una mera componente grafica ma, al contrario, la sua firma è inserita nell’esercizio di una funzione di controllo, verifica o avallo.
Conseguentemente, secondo i giudici contabili, non può certo escludersi la responsabilità di un funzionario in posizione apicale che, per anni, ha omesso una sia pur minima forma di controllo sugli atti di spesa, firmando “alla cieca” e consentendo ai funzionari infedeli di appropriarsi di somme di denaro non dovute che, nel corso degli anni, hanno raggiunto un livello elevatissimo; tale
condotta denota, quanto meno, una gravissima ed inescusabile negligenza, protrattasi per anni, consentendo agli altri soggetti di distrarre grosse somme di denaro a loro favore, ovvero a favore di imprese che non risultavano in alcun modo collegate all’ente.