Il ricorso ampio e patologico alla proroga tecnica, soprattutto se riferito ad un servizio altamente oneroso, non solo viola i principi di libera concorrenza, parità di trattamento e trasparenza ma è anche, al contempo, foriero di danno erariale, visto che la mancata concorrenza non consente la riduzione dei costi sopportati dal Comune: è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. giurisd. regionale per l’Umbria, nella sent. n. 11/2022, depositata lo scorso 21 marzo.
Nel caso specifico era accaduto che il Comune, dopo un primo affidamento del servizio di ricovero e mantenimento dei cani randagi ad una ditta, per molti anni ha proceduto con continue proroghe (alcune delle quali avvenute “di fatto”, ossia in assenza di relativo provvedimento), arrivando a pagare nel tempo, per il servizio in discorso, oltre tre milioni di euro. Proprio in ragione dei costi del servizio, i giudici hanno ritenuto che il Comune “avrebbe dovuto adeguatamente prestare una cura maggiore in relazione al servizio afferente al ‘canile rifugio’, stimolando la concorrenza attraverso la promozione delle gare pubbliche, al fine di evitare la formazione di posizione monopolistiche e, soprattutto, riducendo i costi a carico della collettività attraverso una corretta programmazione e gestione del servizio”. Ed infatti, dal punto di vista della gestione della spesa pubblica, la messa in concorrenza di un servizio è finalizzata all’apertura di un confronto fra operatori idoneo a ridurre i costi a carico dell’ente locale e, quindi, della collettività (cittadini e imprese contribuenti).
Senza dimenticare, naturalmente, che il ricorso alla proroga tecnica, nel nostro ordinamento, deve considerarsi limitato ed eccezionale, per il tempo necessario ad individuare il nuovo gestore del servizio.
La Corte ha condannato sia la Giunta sia la dirigente degli affari generali: per quanto riguarda gli amministratori, infatti, i giudici hanno affermato che non potevano limitarsi ad affermare di aver deliberato l’affidamento a mezzo gara ma avrebbero dovuto adottare puntuali atti di indirizzo e verificare, nel tempo, la corretta esecuzione dei medesimi; per quanto concerne la dirigente, invece, la Corte ha ritenuto gravemente colposa la circostanza di non aver concretamente assunto i provvedimenti necessari.
Il danno è stato calcolato in via equitativa sulla base del ribasso medio che altri Comuni della regione avevano registrato nelle procedure di gara per il medesimo servizio e suddiviso in parti uguali fra tutti i convenuti.