Il divieto di frazionamento è rispettato se l’oggetto e la durata del contratto rispondono ad esigenze della stazione appaltante oggettivamente riscontrabili, la cui individuazione – su un piano logico e cronologico – deve precedere e non seguire la scelta della procedura di affidamento, secondo un principio di programmazione che ha portata obbligatoria, con evidente finalità di pianificazione e di trasparenza: è quanto affermato dal TAR Veneto, sez. II, nella sent. 2 dicembre 2021, n. 1448, riprendendo un noto orientamento (cfr., ad esempio, Consiglio di Stato, sez. V, sent. 27 luglio 2021, n. 5561).
Ed infatti, ai sensi dell’art. 35, comma 6, del Codice dei contratti pubblici (Decreto Legislativo n. 50/2016), “un appalto non può essere frazionato allo scopo di evitare l’applicazione delle norme del presente codice tranne nel caso in cui ragioni oggettive lo giustifichino”.
Nel caso specifico, era accaduto che la stazione appaltante, per un servizio continuativo ed indispensabile qual è quello di pulizia, aveva effettuato un affidamento diretto per un periodo di quattro mesi rispetto alla durata di sei mesi previste nei precedenti appalti: secondo i giudici, in assenza di giustificazioni sulla scelta e considerato che l’importo previsto per i quattro mesi era molto vicino al limite massimo dell’affidamento consentito con la modalità diretta (limite che si sarebbe superato se l’affidamento fosse stato superiore ai quattro mesi), il divieto di frazionamento doveva intendersi violato; ed infatti, come evidenziato nella sentenza in commento, “A fronte dell’assenza di spiegazioni sul punto, l’unica ragione oggettiva rinvenibile nella scelta dell’amministrazione sembra essere, per l’appunto, il contenimento del valore del contratto entro la soglia di € 139.000,00 prevista dal D.L. 76/2020. Appare, pertanto, fondata la censura di violazione dell’art. 35, comma 6, D.Lgs. 50/2016 atteso che, come affermato dal Consiglio di Stato “In assenza di motivazione sulle ragioni del frazionamento, l’artificiosità del medesimo può essere dimostrata in via indiziaria” (Consiglio di Stato, Sez. V, 27 luglio 2021, n. 5561)”.