Nel caso in cui l’avanzo d’amministrazione sia composto da residui attivi non esistenti o di incerto realizzo, non adeguatamente garantiti dal fondo crediti di dubbia esigibilità, la copertura per le spese sarebbe solo fittizia, costituendo il presupposto per l’emersione successiva di tensioni o insufficienze di cassa: è quanto evidenziato dalla Corte dei conti, sez. reg di controllo per l’Abruzzo, con la delib. n. 165/2021/PRSP del 5 maggio scorso.
AL riguardo, l’art. 228, comma 3, del TUEL (Decreto Legislativo n. 267 del 2000) prescrive che “Prima dell’inserimento nel conto del bilancio dei residui attivi e passivi l’ente locale provvede all’operazione di riaccertamento degli stessi, consistente nella revisione delle ragioni del mantenimento in tutto od in parte dei residui e della corretta imputazione in bilancio, secondo le modalità di cui all’art. 3, comma 4, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni.”
Il Decreto Legislativo n. 118/2011, infatti, al fine di dare attuazione al principio contabile generale della competenza finanziaria, ha confermato la necessità dell’operazione annuale di riaccertamento dei residui, e all’art. 3, comma 4, richiamato dall’art. 228, comma 3, del TUEL, precisa che “possono essere conservati tra i residui attivi le entrate accertate, esigibili nell’esercizio di riferimento, ma non incassate. Possono essere conservate tra i residui passivi le spese impegnate, liquidate o liquidabili nel corso dell’esercizio, ma non pagate. Le entrate e le spese accertate e impegnate non esigibili nell’esercizio considerato, sono immediatamente reimputate all’esercizio in cui sono esigibili … Al termine delle procedure di riaccertamento non sono conservati residui cui non corrispondono obbligazioni giuridicamente perfezionate”.
Appare evidente, quindi, la connessione fra il corretto svolgimento dell’operazione di riaccertamento dei residui, in particolare di quelli attivi, e la prevenzione di rischi per gli equilibri di bilancio.