L’Agenzia delle entrate ha varato la circolare 18 del 29 maggio 2013, nella quale, grazie anche alla collaborazione con il Consiglio Nazionale del Notariato, vengono affrontati ed approfonditi alcuni argomenti ricorrenti, in tema di atti e imposta di registro.
In questa sede, approfondiamo, estendendola, in seguito, anche ad altre imposte, l’analisi della alter natività tra iva ed imposta di registro, alla quale la circolare in commento dedica il paragrafo1.2.
Il principio dell’alternatività Iva/Registro
Un principio basilare dell’ordinamento tributario italiano è quello dell’alternatività fra imposta sul valore aggiunto ed imposta di registro.
Se un atto è soggetto all’imposta sul valore aggiunto secondo la relativa disciplina (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni), lo stesso atto non può essere dichiarato assoggettabile all’imposta di registro, la cui disciplina è contenuta nel testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni. Di fatto opera la priorità per il primo dei due tributi indiretti ( l’iva) e l’alternatività esclude l’applicazione dell’imposta di registro proporzionale, quindi nonostante la presenza del principio segnalato, può rendersi dovuta l’imposta di registro fissa relativamente ad atti soggetti per legge all’imposta sul valore aggiunto. L’alternatività è da intendere, in definitiva, nel senso che mai può verificarsi la contemporaneità di due imposte proporzionali.
Il principio riferito sopra si desume dalla legge delega per la riforma tributaria, cioè dalla L. 9 ottobre 1971, n. 825, e successive modificazioni. Si sancisce l’applicazione in misura fissa dell’imposta di registro (e di altri tributi) sugli atti che prevedono corrispettivi soggetti all’imposta sul valore aggiunto. Si impone, nel contempo, l’assoggettamento di tali atti alla registrazione solo in caso d’uso sempreché non si tratti di atti pubblici o di scritture private autenticate.