La procedura di liquidazione di una partecipata, avviata da anni e non ancora conclusa, è in contrasto con la ratio stessa della liquidazione che, come indicato dalle norme codicistiche, mira a mantenere in vita la società al solo scopo di pagare i debiti e riscuotere i crediti, nella prospettiva della ripartizione dell’eventuale fondo patrimoniale residuo: è quanto evidenziato dalla Corte dei conti, sez. reg. di controllo per il Piemonte, nella delib. n. 71/2021/SRCPIE/VSG, depositata lo scorso 16 aprile.
Nel caso specifico, in particolare, i giudici hanno stigmatizzato il comportamento del Comune che, dopo aver avviato l’iter per la liquidazione di una partecipata nel 2013, ha di fatto previsto la chiusura della liquidazione nel 2024, allo scopo di massimizzare i profitti di un impianto fotovoltaico gestito dalla partecipata.
Secondo i giudici, in particolare, le liquidazioni eccessivamente lunghe non permettono di completare l’effettiva attuazione dei processi di revisione delle partecipazioni, tradendo l’esigenza di perseguire obiettivi di carattere generale che trascendono gli interessi dei singoli soci e che l’art. 1 del Testo Unico in materia società a partecipazione pubblica (Decreto Legislativo n. 175/2016) individua nella tutela della concorrenza e del mercato e nella razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica.