Piano TARI: la relazione a corredo non è oggetto di deliberazione da parte del Consiglio Comunale

Come è noto, l’art. 8, comma 1 del DPR 27 aprile 1999, n. 158 (Regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani) impone “ai fini della determinazione della tariffa”, di approvare “il piano finanziario degli interventi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani”, che – “tenuto conto della forma di gestione del servizio prescelta tra quelle previste dall’ordinamento” – comprenda (art. 8, comma 2):

  1. a) il “programma degli interventi necessari”;
  2. b) il “piano finanziario degli investimenti”;
  3. c) l’indicazione specifica “dei beni, delle strutture e dei servizi disponibili”, nonché l’evidenziazione del “ricorso eventuale all’utilizzo di beni e strutture di terzi, o all’affidamento di servizi a terzi”;
  4. d) le “risorse finanziarie” all’uopo necessarie; e) “relativamente alla fase transitoria, il grado attuale di copertura dei costi afferenti alla tariffa rispetto alla preesistente tassa sui rifiuti”.

L’art. 8, comma 3, prescrive che il piano finanziario debba essere “corredato da una relazione”, preordinata alla indicazione:

  1. a) del “modello gestionale ed organizzativo”;
  2. b) dei “livelli di qualità del servizio ai quali [commisurare] la tariffa”;
  3. c) della “ricognizione degli impianti esistenti”;
  4. d) degli “scostamenti che si siano eventualmente verificati” rispetto al “piano dell’anno precedente”, con le “relative motivazioni”.

L’art. 8, comma 4, prevede, quindi, che “sulla base del piano finanziario” approvato, l’ente locale determini la tariffa e (nel rispetto dei criteri normativi) la relativa articolazione, nonché i tempi di raggiungimento del pieno grado di copertura dei costi nell’arco della fase transitoria.

Secondo quanto evidenziato dal Consiglio di Stato, sez. V, nella sent. 7 gennaio 2021, n. 217, che – sebbene non sia revocabile in dubbio, sul piano formale, la necessità della relazione “di accompagnamento” (come fatto palese dalla esplicita formula deontica utilizzata dall’art. 8, comma 3 cit., che non lascia adito a difformi o più blande interpretazioni) – la norma non prescrive che la stessa sia “allegata” al piano economico finanziario da sottoporre alla approvazione consiliare, ma si limita ad imporre che la stessa vi sia posta a “corredo”.

Ciò va acquisito nel senso (del resto fatto palese dalle parole della disposizione) che il Consiglio Comunale è tenuto, ai fini della determinazione tariffaria in discorso, all’approvazione “del piano finanziario” ma non pure alla approvazione della ridetta relazione, la cui finalità è, del resto, esclusivamente esplicativa del contenuto del piano.

La regola trova, del resto, conferma nell’art. 1, comma 163, della Legge 27 dicembre 2013, n. 147, la quale prevede, infatti, che “il Consiglio comunale deve approvare, entro il termine fissato da norme statali per l’approvazione del bilancio di previsione, le tariffe Tari in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, redatto dal soggetto che svolge il servizio stesso e approvato dal consiglio comunale o da altra autorità competente a norma delle leggi vigenti in materia”.

Secondo i giudici di Palazzo Spada, la mera mancanza della “relazione a corredo”:

  • per un verso non incide, in quanto tale, sulla legittimità della delibera consiliare di approvazione del piano, a condizione che all’interno di quest’ultimo siano sostanzialmente ricompresi gli “elementi di conoscenza” prescritti dalla norma (che, perciò, attesa la loro finalità e funzione, non è necessario siano contenuti in un atto autonomo e separato);
  • per altro, e concorrente, verso, non è suscettibile di compromettere, sotto il profilo della idoneità informativa, il munus dei consiglieri comunali chiamati alla approvazione, sempre che gli stessi siano stati posti in condizione di acquisire, anche aliunde, i ridetti elementi conoscitivi;

Quindi, l’obbligo di predisposizione della “relazione a corredo” può dirsi assolto quando la stessa sia stata materialmente e compiutamente redatta, ancorché non “allegata” alla proposta di deliberazione; l’effettiva messa a disposizione della stessa, a mezzo dell’ordinario deposito, militano nel senso dell’esclusione di ogni lesione o compromissione dello jus ad officium dei consiglieri comunali.

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