Come è noto, l’art. 17 comma 1 bis del Decreto Legislativo n. 507/1993 prevede che l’imposta per la pubblicità non è dovuta per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l’attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a 5 metri quadrati.
Sul punto segnaliamo la sent. 30 aprile 2020, n. 2780, del Consiglio di Stato, sez. II, nella quale è stato affermato che la soggezione all’imposta pubblicitaria deriva unicamente dalla superficie complessiva delle insegne e non dalla pluralità delle stesse: in altri termini, è possibile avere anche due insegne (ad esempio, una in prossimità dell’ingresso ed una sul ciglio della strada che conduce ai locali dell’attività economica) e, se la loro superficie complessiva non supera i 5 metri quadrati, sarà possibile comunque godere dell’esenzione dell’imposta in discorso.
In tal senso, peraltro, si era già espressa la Corte di Cassazione, sez. IV, con l’ordinanza 4 marzo 2013, n. 5337, nella quale era stato affermato che la norma prima citata (art. 17, comma 1 bis, del Decreto Legislativo n. 507/1993) “che esenta dall’imposta le insegne di attività commerciali e di produzione di beni o servizi nei limiti di un superficie complessiva fino a cinque metri quadrati, non consente di introdurre distinzioni in relazione al concorso dello scopo pubblicitario con la funzione propria dell’insegna stessa, purchè la stessa, oltre ad essere installata nella sede dell’attività a cui si riferisce o nelle pertinenze accessorie, e ad avere la funzione di indicare al pubblico il luogo di svolgimento dell’attività, si mantenga nel predetto limite dimensionale” (ossia, 5 metri quadrati).