Le percentuali da considerare ai fini dell’accantonamento fondo contenzioso

Come è noto, il principio contabile punto 5.2, lett. h), dell’Allegato 4/2 al d.lgs. n. 118/2011 prevede testualmente che “nel caso in cui l’ente, a seguito di contenzioso in cui ha significative probabilità di soccombere, o di sentenza non definitiva e non esecutiva, sia condannato al pagamento di spese, in attesa degli esiti del giudizio, si è in presenza di una obbligazione passiva condizionata al verificarsi di un evento (l’esito del giudizio o del ricorso), con riferimento al quale non è possibile impegnare alcuna spesa. In tale situazione l’ente è tenuto ad accantonare le risorse necessarie per il pagamento degli oneri previsti dalla sentenza, stanziando nell’esercizio le relative spese che, a fine esercizio, incrementeranno il risultato di amministrazione che dovrà essere vincolato alla copertura delle eventuali spese derivanti dalla sentenza definitiva. A tal fine si ritiene necessaria la costituzione di un apposito fondo rischi. Nel caso in cui il contenzioso nasce con riferimento ad una obbligazione già sorta, per la quale è stato già assunto l’impegno, si conserva l’impegno e non si effettua l’accantonamento per la parte già impegnata […]In presenza di contenzioso di importo particolarmente rilevante, l’accantonamento annuale può essere ripartito, in quote uguali, tra gli esercizi considerati nel bilancio di previsione o a prudente valutazione dell’ente […]».

La finalità sottesa al fondo in parola, come noto, è quella di consentire all’Ente di precostituire risorse sufficienti a fronteggiare e neutralizzare gli effetti pregiudizievoli discendenti da un’eventuale soccombenza giudiziale, con l’obbligo per l’Ente di effettuare annualmente la ricognizione dei contenziosi pendenti e del relativo valore, quantificando, con l’ausilio dei difensori incaricati, il relativo rischio di soccombenza.

In merito alla ponderazione del rischio di soccombenza, la giurisprudenza contabile (cfr., da ultimo, Corte dei conti, sez. reg. di contr. Puglia, nella delib. n. 46/2025/PRSP, depositata il 27 marzo 2025; in precedenza, cfr. sez. reg. di contr. Campania, delib. n. 125/2019/PRSP; sez. reg. di contr. Lazio, delib. n. 80/2020/PRSE; sez. reg. di contr. Marche, delib. n. 40/2020; sez. reg. di contr. Lombardia, delib. n. 69/2020), ormai da tempo, ha suddiviso le passività potenziali legate ai contenziosi pendenti in “probabili”, “possibili” e da “evento remoto”, sulla scorta dei seguenti criteri:

  1. passività “probabile”, propria di contenziosi con indice di rischio di soccombenza superiore al 50%, che impone un accantonamento almeno pari a tale percentuale (è il caso dei giudizi non ancora esitati in decisione, per i quali l’avvocatura abbia espresso un giudizio di soccombenza di grande rilevanza);
  2. passività “possibile”, per contenziosi con un indice di rischio di soccombenza che oscilla tra il 10% e il 50%, che impone un accantonamento pari alla percentuale di rischio (il grado di avveramento dell’evento, in tal caso, è inferiore al probabile);
  3. passività da “evento remoto”, propria di contenziosi con probabilità di soccombenza inferiore al 10%, per i quali non si procede ad alcun accantonamento, in quanto l’evento generativo ha scarsissime possibilità di verificarsi.
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