Se il Comune intende incrementare la partecipazione già detenuta in una società della quale è già socio, non bisogna sottoporre la relativa delibera consiliare alla Corte dei conti per il parere di cui all’art. 5 del TUSP (Testo Unico in materia di società partecipate – d.lgs. n. 175/2016): è quanto ribadito dalla sez. reg. di contr. Lazio, nella delib. n. 39/2025/PASP, depositata il 27 marzo 2025 (in termini, cfr. sez. reg. di contr. Lazio, delib. n. 146/2023/PASP; sez. reg. di contr. Lombardia, delib. n. 16/2023/PASP; sez. reg. di contr. Veneto, delib. n. 127/2024/PASP; sez. reg. di contr. Umbria, delib. n. 79/2022/PASP).
Come evidenziato dai giudici, nel caso specifico, non si era dinanzi alla costituzione di una nuova società partecipata dal Comune, né nell’acquisizione di una quota che determini, per la prima volta, l’ingresso del Comune nella compagine sociale di una società già esistente, mancando, di conseguenza, il requisito oggettivo previsto dal citato art. 5; conseguentemente, trova applicazione il principio già chiarito dalle Sezioni Riunite in sede di controllo (delib. n. 19/2022/QMIG), secondo cui “l’art. 5, comma 3, TUSP ha limitato, letteralmente, il proprio ambito oggettivo di applicazione ai soli due momenti (la costituzione di una società e l’acquisto di partecipazioni) in cui l’Amministrazione pubblica entra per la prima volta in relazione con una realtà societaria, nuova o già esistente, assumendo la qualifica di socio”.