I crediti suscettibili di essere esclusi dal procedimento di svalutazione in quanto “crediti da altre amministrazioni pubbliche” (v. d.lgs. n. 118/2011 – allegato 4/2 – § 3.3) non ricomprendono quelli verso società partecipate da enti pubblici, anche laddove si tratti di società cosiddette in house o comunque totalmente controllate da enti pubblici: è quanto ribadito dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Marche, nella delib. n. 41/2025/PRSE, depositata il 17 dicembre 2025.
Detto altrimenti, le predette società non possono essere considerate “amministrazioni pubbliche” ai fini dell’esclusione di tali residui attivi dal meccanismo di quantificazione del FCDE (cfr., sul punto, sez. reg. di contr. Lombardia, deliberazioni n. 145/2019/PRSE e n. 55/2024/PRSP; sez. reg. di contr. Abruzzo, delib. n. 30/2024/PRSE): tale conclusione appare corretta non solo sul piano formale, ma anche sul piano sostanziale e teleologico, atteso che le società pubbliche, quand’anche a controllo pubblico, costituiscono pur sempre enti di diritto privato soggetti al rischio d’impresa, suscettibili come tali di essere assoggettate alle procedure concorsuali (art. 14, comma 1, TUSP) e per le quali operano precisi limiti rispetto ai possibili interventi di c.d. soccorso finanziario da parte dell’ente pubblico socio (art. 14, comma 5, TUSP), ciò che implica l’impossibilità, in via generale, di equiparare il rischio di solvibilità di tali soggetti a quello proprio delle “pubbliche amministrazioni”.