Niente parere del revisore sul regolamento sui compensi degli avvocati interni al Comune

In tema di compensi riconosciuti agli avvocati incardinati nella struttura dell’ente ((art. 9, commi 3 ss., d.l. n. 90/2014, convertito in l. n. 114/2014), non occorre acquisire sulla proposta del relativo regolamento il parere preventivo del collegio di revisione contabile dell’ente locale: è principio espresso dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Lombardia, nella delib. n. 17/2025, depositata il 23 gennaio.

Il nuovo impianto normativo che irreggimenta il sistema dei limiti di spesa dell’ente pubblico, quale datore di lavoro, in riferimento ai compensi in parola che rappresentano voci del trattamento accessorio del personale dell’avvocatura interna, è articolato su diversi livelli di regolazione.

Alla fonte primaria è intestata la statuizione delle condizioni di legittimità degli stanziamenti e degli impegni di bilancio (fermo restando i tetti fissati ex lege ai commi 1 e 7 dell’art. 9, citato), con rimessione al regolamento e alla contrattazione collettiva, attraverso la “tecnica del rinvio”, dei criteri di determinazione della misura, ripartizione e modalità di erogazione di tale peculiare trattamento accessorio.

In termini esplicativi, l’an della spesa viene fissato direttamente dalla legge che detta, quali condizioni legittimanti, l’emissione di una “sentenza favorevole”, la condanna alle spese della controparte e, sul piano della quantità, l’effettivo incasso delle somme (comma 3) mentre, nelle ipotesi di pronunciata compensazione integrale delle spese, ivi comprese quelle di transazione dopo sentenza favorevole alle amministrazioni pubbliche, l’autorizzazione di bilancio non superiore a quella corrispondente del 2013 (comma 6).

Al quantum e al quomodo della spesa, invece, sono deputate le previsioni non intestate alla normazione primaria, quali i regolamenti dell’avvocatura e i contratti collettivi. Trattasi, rispettivamente, di norme recate negli atti unilateralmente predisposti dall’amministrazione (regolamento) o di regole condivise in sede pattizia (contratto collettivo di secondo livello): fonti perfezionate ciascuna secondo il rispettivo iter di formazione procedurale che palesa netti tratti distintivi, come, per quanto di interesse in tale sede, il ruolo dell’organo di revisione economico finanziaria, in termini di obbligatorietà.

Con riferimento al regolamento sopra richiamato, posto che l’Avvocatura va considerata un ufficio del comune in senso tecnico, con un organico che esercita la professione sulla base di un rapporto di lavoro subordinato con l’Amministrazione, ne discende che l’adozione del predetto atto rientra nella sfera di auto-regolamentazione dell’organo esecutivo dell’ente. Esso assurge a espressione del generale potere di macro-organizzazione degli uffici in applicazione dell’art. 48, comma 3 TUEL, disposizione che ha rimesso alla competenza della giunta l’adozione dei regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi comunali.

Tanto premesso, non si rinviene una norma che preveda il preventivo parere del collegio dei revisori sulla proposta di delibera di giunta volta all’approvazione del regolamento in commento; ciò diversamente dalle ipotesi tipizzate in cui il legislatore statuisce in termini di obbligatorietà del parere sulle proposte di deliberazione, espressione per lo più, in tali casi, della volontà collegiale del consiglio comunale, titolare del potere di indirizzo politico e di controllo dell’ente.

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