Deve parlarsi di annullamento in autotutela, e non di revoca, nel caso del Comune che ritira la procedura di gara per la realizzazione di un centro comunale di raccolta rifiuti per aver rinvenuto, dopo l’avvio, l’indisponibilità della proprietà delle aree su cui realizzare detto centro e la carenza di pareri prescritti dalla legge, necessari vie più in correlazione ai vincoli esistenti su dette aree: è quanto affermato dal TAR Calabria, Reggio Calabria, nella sent. 6 febbraio 2025, n. 94.
In buona sostanza, il Comune ha operato sulla valutazione del difetto ab origine dei presupposti giuridici perché potesse essere legittimamente bandita la gara oggetto di autotutela, essendo all’evidenza –già logicamente prima ancora che giuridicamente- non consentito all’Amministrazione comunale di realizzare un centro di raccolta di rifiuti su un’area su cui non ha alcun potere di intervenire, non essendo ancora di sua proprietà o comunque della quale non ha la disponibilità – e in carenza di pareri delle autorità competenti, attinenti a vincoli di legge esistenti su dette aree.
I giudici reggini hanno ricordato la nota distinzione tra revoca e annullamento in autotutela, nel senso che “Il presupposto dell’annullamento in autotutela ai sensi dell’art. 21 nonies, l. n. 241/1990 è rappresentato dall’accertamento, da parte dell’Amministrazione, dell’invalidità del provvedimento di primo grado. La revoca costituisce anch’essa espressione di un potere di riesame ad effetti eliminatori ma presuppone un vizio di merito, ossia una ragione di opportunità, non sindacabile in sede giudiziale” (TAR Lazio, Roma, sez. III, sent. 3 aprile 2024, n. 6430).
Nel caso specifico, non si era, pertanto, dinanzi all’esercizio del potere di revoca, tenuto conto che non si indicavano circostanze fattuali sopravvenute (essendo la situazione in essere già preesistente) né evidenziati nuovi interessi pubblici ovvero la rivalutazione di un interesse pubblico originariamente considerato e dunque non si operava in termini di opportunità; conseguentemente, si era dinanzi all’esercizio del potere di annullamento ai sensi dell’art. 21-nonies della l. n. 241 del 1990, giustificato appunto dalla necessità di rimuovere delle criticità che inficiavano ab imis, in termini di legittimità originaria, l’intera procedura di gara.