Accantonare nel fondo perdite società partecipate una somma pari a circa cinque quella effettivamente necessaria rappresenta una sovrastima errata e non coerente con il dato normativo: è quanto evidenziato dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Basilicata, nella delib. n. 10/2025/PRSP, depositata il 23 gennaio 2025.
Ed infatti, in base all’art. 21 del d.lgs. n. 175/2016 (TUSP), “qualora le società partecipate presentino un risultato d’esercizio negativo, le pubbliche amministrazioni partecipanti, che adottano la contabilità finanziaria, accantonano nell’anno successivo in apposito fondo vincolato un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato in misura proporzionale alla quota di partecipazione”.
I giudici hanno anche stigmatizzato il mancato aggiornamento dell’accantonamento a seguito della variazione al ribasso della perdita. Ed infatti, sempre il citato art. 21 del TUSP, al comma 3, prevede che “Nel caso in cui i soggetti partecipati ripianino in tutto o in parte le perdite conseguite negli esercizi precedenti l’importo accantonato viene reso disponibile agli enti partecipanti in misura corrispondente e proporzionale alla quota di partecipazione”. In proposito, la giurisprudenza contabile ha precisato che “le quote accantonate possono essere svincolate solo in presenza di un legittimo ed effettivo ripiano delle perdite e nei limiti in cui sia compatibile con il principio di prudenza che deve necessariamente governare le scelte gestionali delle pubbliche amministrazioni” (sez. di controllo per la Regione Siciliana, delib. n. 25/2021/PAR).
La Corte ha richiamato il comune ad una maggiore e costante attenzione sulla congrua quantificazione del fondo in questione tenuto conto dell’incidenza dello stesso sul risultato di amministrazione e, di riflesso, sull’avanzo disponibile.