Determinazione fondo rischi da contenzioso: esclusi controlli a campione e quantificazione forfettaria

La determinazione del fondo rischi da contenzioso esige un controllo minuzioso e puntuale del contenzioso ad esso afferente, dovendosi escludere un controllo a campione e/o una quantificazione forfettaria del rischio di soccombenza, richiedendo inderogabilmente un’analisi specifica delle singole poste e partite: è quanto ribadito dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Basilicata, nella delib. n. 10/2025/PRSP, depositata il 23 gennaio 2025.

La giurisprudenza contabile ha avuto modo di sottolineare che “La quantificazione del fondo per il contenzioso richiede un attento e costante monitoraggio sulle liti, per le quali occorre procedere quanto meno annualmente alla stima del rischio di soccombenza e alla verifica del loro andamento” e che, a tale riguardo, occorre dotarsi “di un’apposita banca dati o, comunque, di un sistema di analisi e di stima delle controversie” (sez. reg. di contr. Sicilia, delib. n. 6/2019/SS.RR./PARI; sez. reg. di contr. Basilicata, delib. n. 88/2024/PRSP).

I giudici hanno ricordato che il fondo contenzioso incide sulla parte disponibile del risultato di amministrazione e la consistenza dell’accantonamento al fondo deve essere tale da consentire l’eventuale pagamento degli oneri originati dai provvedimenti giurisdizionali, evitando in tal modo che passività impreviste incidano negativamente sugli equilibri di bilancio.

A tal proposito la Sezione delle Autonomie con la deliberazione n. 14/2017/INPR ha affermato che: “Particolare attenzione deve essere riservata alla quantificazione degli altri accantonamenti a fondi, ad iniziare dal fondo contenzioso, legato a rischi di soccombenza su procedure giudiziarie in corso. Risulta

essenziale procedere ad una costante ricognizione e all’aggiornamento del contenzioso formatosi per attestare la congruità degli accantonamenti, che deve essere verificata dall’Organo di revisione. Anche in questo caso, la somma accantonata non darà luogo ad alcun impegno di spesa e confluirà nel risultato di amministrazione per la copertura delle eventuali spese derivanti da sentenza definitiva, a tutela degli equilibri di competenza nell’anno in cui si verificherà l’eventuale soccombenza” (sul punto vedasi anche Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, delib. n. 9/2016/INPR).

La classificazione del rischio di soccombenza, come noto, va svolta secondo i gradi del certo, del probabile, del possibile e del remoto, dovendosi effettuare la distinzione tra rischi certi, probabili, possibili e da evento remoto secondo i seguenti criteri:

– rischio certo (indice 100%) è l’evento che si è concretizzato in una sentenza esecutiva, ma momentaneamente sospesa ex lege;

– rischio “probabile” (indice superiore al 51%) è quello in cui rientrano i casi di provvedimenti giurisdizionali non esecutivi, nonché i giudizi non ancora esitati in decisione, per cui sia stato formulato un giudizio di soccombenza di grande rilevanza, ed impone un ammontare di accantonamento che sia pari almeno alla suddetta percentuale (cfr. documento OIC n. 31 e la definizione dello IAS 37, in base al quale l’evento è probabile quando si ritiene sia più verosimile che il fatto si verifichi piuttosto che il contrario);

– rischio “possibile” (indice tra il 10% ed il 49%) è quello in relazione al quale il fatto che l’evento si verifichi è inferiore al probabile (cfr. documento OIC n. 31, nonché dello IAS 37);

– rischio da evento “remoto” (indice inferiore al 10%), non prevede, infine, alcun accantonamento.

Sul punto, la giurisprudenza contabile, pur riconoscendo le difficoltà implicite nella valutazione dei rischi derivanti dal contenzioso, ha ribadito che “è necessario che l’ente faccia delle opportune e precise valutazioni (in parte, inevitabilmente, discrezionali) sulle variabili sopra indicate che incidono direttamente sulla quantificazione del fondo. In particolare, la ragionevole determinazione della probabilità di soccombenza e dell’importo da corrispondere alla controparte sono elementi imprescindibili per consentire all’ente una corretta quantificazione degli impatti sul bilancio derivanti dal contenzioso, e la conseguente necessaria copertura attraverso un apposito accantonamento. Il metodo delineato dal principio contabile, pur con le sue difficoltà applicative, è l’unico che consente all’ente una quantificazione verosimile dei potenziali effetti nefasti del contenzioso, e ai soggetti esterni la verifica della congruità dell’accantonamento” (cfr. Corte dei conti, sez. reg. di contr. Toscana, delib. n. 168/2022).

Conseguentemente, l’Ente è tenuto sia ad un’attenta ricognizione delle cause pendenti sia ad una corretta stima del rischio di soccombenza, mentre l’organo di revisione che deve attestare la congruità dei relativi accantonamenti, in particolare nel risultato d’amministrazione a rendiconto, secondo quanto indicato dalla delibera della Sezione delle Autonomie n. 14/2017/INPR.

I giudici lucani hanno anche sottolineato la centralità del ruolo dell’organo di revisione in ordine alla corretta determinazione del fondo anzidetto. È lo stesso legislatore, infatti, a richiedere al collegio dei revisori una approfondita e analitica “verifica”, che non si limiti all’espressione di un mero giudizio.

La “verifica” espressamente richiesta dal principio contabile, infatti, “consiste nell’accertamento della conformità al “diritto” della rappresentazione e del calcolo come sopra effettuato e riscontrato” (sez. reg. di contr. Campania, delib. n. 217/2019 e sez. reg. di contr. Basilicata, delib. n. 133/2024/PRSE).

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