Come è noto, l’art. 243-bis, comma 5, del d. lgs. n. 267/2000 dispone che “Il consiglio dell’ente locale, entro il termine perentorio di novanta giorni dalla data di esecutività della delibera di cui al comma 1, delibera un piano di riequilibrio finanziario pluriennale di durata compresa tra quattro e venti anni, compreso quello in corso, corredato del parere dell’organo di revisione economico-finanziario.”
Il tenore letterale della norma è chiaro: la delibera di adozione del piano da parte del Consiglio Comunale deve avvenire necessariamente entro 90 giorni dalla data di esecutività della delibera di ricorso al piano di riequilibrio, prevista dal comma 1 del citato art. 243-bis.
La Corte dei conti, sez. reg. di contr. Lombardia, nella delib. n. 260/2024/PRSP, depositata il 30 dicembre 2024, occupandosi di un comune che aveva “sforato” di pochi giorni il termine, ha ribadito che il carattere perentorio espressamente attribuito al termine dei 90 giorni comporta la dichiarazione di intempestività del piano adottato dal comune e l’applicazione delle conseguenze previste dall’art. 243-quater, co. 7, TUEL, a mente del quale “la mancata presentazione del piano entro il termine di cui all’articolo 243 bis, comma 5, … comporta(no) l’applicazione dell’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 149 del 2011, con l’assegnazione al Consiglio dell’ente, da parte del Prefetto, del termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto”.
Nessuna rilevanza è stata riconosciuta dai giudici alle circostanze allegate dal comune in ordine alla particolare complessità delle operazioni di ricostruzione della massa passiva, che ha richiesto il coinvolgimento di professionisti esterni per sopperire alle carenze di organico dell’ente, nonché alle difficoltà sperimentate per raggiungere il necessario consenso in seno al Consiglio Comunale: tali circostanze rappresentano cause del ritardo che trovano origine e si sono svolte tutte all’interno dell’Amministrazione comunale e che, come tali, non possono legittimare il superamento del termine perentorio di 90 giorni, fissato dalla legge per l’adozione del piano.
La Corte ha anche ricordato che, come chiarito in precedenza dalla Sezione delle Autonomie:
- “la perentorietà dei termini, normalmente, si giustifica per l’esigenza di garantire la certezza del diritto in situazioni in cui sono coinvolti interessi giuridicamente rilevanti, che sarebbero pregiudicati dalla dilatazione eccessiva del tempo di definizione di fatti e situazioni costitutive, modificative o estintive di situazioni giuridiche”;
- “la necessità che il piano di riequilibrio sia deliberato nel termine perentorio, fissato dall’art. 243 bis, comma 5 del TUEL, risiede nel fatto che, in correlazione alla presentazione della delibera di ricorso alla procedura di riequilibrio, da un lato si produce l’effetto impeditivo dell’esercizio delle funzioni di controllo assegnate alla Corte dei Conti dall’art. 6, comma 2, del decreto legislativo 149/2011 (funzioni poste a presidio della necessità di adottare urgenti rimedi utili ad evitare il dissesto finanziario dell’ente), dall’altro, opera la sospensione delle procedure esecutive intraprese nei confronti dell’ente, rimedio che interferisce negativamente nella sfera giuridica di terzi estranei alla vicenda amministrativa del riequilibrio” (delib. n. 11/SEZAUT/2013/INPR).