Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il diritto di accesso ha ad oggetto documenti formati e quindi venuti ad esistenza che si trovino nella certa disponibilità dell’amministrazione, non potendo l’esercizio di tale diritto o l’ordine di esibizione impartito dal giudice, alla luce del principio generale per cui “ad impossibilia nemo tenetur” e per evidenti ragioni di buon senso, riguardare documenti non esistenti o mai formati (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sent. 7 ottobre 2021, n. 6713; TAR Lazio, Roma, sez. III, sent. 8 aprile 2022, n. 4182).
La stessa giurisprudenza precisa, peraltro, che l’amministrazione ha comunque l’onere di indicare, sotto la propria responsabilità, di non essere in grado di esibire gli atti, specificando le concrete ragioni di tale impossibilità e chiarendo, in particolare, se i documenti richiesti non esistano ovvero esistano ma siano andati smarriti (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 11 dicembre 2024, n. 3617).
Nel caso in cui sia certo che i documenti esistano ma non siano stati trovati perché smarriti, l’onere motivazionale diviene rafforzato (TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 5 maggio 2022, n. 1009 e sez. III, sent. 11 ottobre 2019, n. 2131), dovendo l’amministrazione in questi casi dimostrare di aver svolto ricerche accurate, mediante l’illustrazione:
- delle modalità di conservazione degli atti richiesti,
- delle articolazioni organizzative incaricate della loro conservazione;
- delle concrete ragioni del loro mancato reperimento (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. II, sent. 2 marzo 2022, n. 2485).