Il referente del conto giudiziale è esclusivamente l’agente contabile e non l’amministrazione
Secondo un consolidato indirizzo interpretativo, il giudizio di conto, come affermato dalla Corte Costituzionale (sent. n. 59/2024) “si configura essenzialmente come una procedura giudiziale a carattere necessario, volta a verificare se chi ha avuto maneggio di denaro pubblico e ha avuto in carico risorse finanziarie provenienti da bilanci pubblici è in grado di rendere conto del modo legale in cui lo ha speso, e non risulta gravato da obbligazioni di restituzione”.
In quanto tale, il giudizio di conto ha come destinatari non già gli ordinatori della spesa, bensì gli agenti contabili che riscuotono le entrate ed eseguono le spese (Corte Costituzionale, sent. n. 292/2001) ed è funzionale a dare garanzia della corretta gestione del pubblico denaro proveniente dalla generalità dei contribuenti e destinato al soddisfacimento dei pubblici bisogni (Corte Costituzionale, sent. n. 59/2024); tale garanzia costituzionale di correttezza gestionale del pubblico denaro si attua proprio attraverso lo strumento del rendiconto giudiziale (Corte Costituzionale, sent. n. 1007/1998 e sent. n. 114/1975), da cui discende il carattere necessario ed ineludibile del giudizio di conto (Corte costituzionale sentenze n. 114/1975 e sent. n. 292/2001).
Coerentemente con tale ratio, l’oggetto del giudizio di conto è costituito dallo scrutinio di legittimità della gestione dell’agente, attraverso il controllo giudiziale del “conto” consuntivo dallo stesso predisposto e preventivamente sottoposto alle verifiche poste in essere dagli organi dell’amministrazione, nell’ambito dell’autonomo e distinto procedimento di parificazione (art. 138 c.g.c.)” (da ultimo, nello stesso senso, Corte dei conti, sez. reg. di contr. Lazio, delib. n. 292/2024; sez. reg. di contr. Emilia-Romagna, delib. n. 88/2023 e sez. reg. di contr. Liguria, delib. n. 71/2022).
Alla stregua delle superiori considerazioni, come ricordato dalla Corte dei conti, sez. giurisd. Veneto, nella sent. n. 217/2024, depositata il 20 novembre 2024, risulta che il referente del conto giudiziale è, per espressa disposizione normativa, esclusivamente l’agente contabile e non invece l’amministrazione o chi per essa assume la responsabilità della trasmissione del conto alla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti, costituendo, quest’ultimo, soltanto un mero adempimento amministrativo, ontologicamente diverso rispetto a quello della resa del conto.
Ed infatti, secondo consolidato principio generale della materia, immanente alla stessa struttura del processo sul conto, l’agente contabile è automaticamente costituito in giudizio per il fatto stesso del deposito del conto, secondo quanto previsto dall’art. 140, comma 3, C.G.C. (“Il deposito del conto costituisce l’agente dell’amministrazione in giudizio”).
L’ineludibilità della giurisdizione e della competenza del Giudice contabile, che trova fondamento nell’art. 103, comma 2, della Carta costituzionale (“La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge”), non consente, quindi, che alla verifica del conto possa supplirsi attraverso verifiche interne, tra l’altro del tutto potenziali, pur se regolate dalla stessa Pubblica Amministrazione sulla base di rigorosa e precisa disciplina: l’ordinamento, infatti, attribuisce in via esclusiva al magistrato contabile – in posizione di terzietà rispetto alla stessa
Amministrazione – l’esame dei conti e la verifica della regolarità delle relative gestioni pubbliche, secondo moduli e procedure ben definiti e non suscettibili di essere derogati.