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L’equilibrio di cassa è condizione necessaria per la salute finanziaria degli enti locali

L’equilibrio di cassa è riconosciuto come condizione necessaria per la salute finanziaria degli enti locali dall’art. 162, comma 6, del D. Lgs. 267/2000, secondo cui “Il bilancio di previsione è deliberato in pareggio finanziario complessivo per la competenza, comprensivo dell’utilizzo dell’avanzo di amministrazione e del recupero del disavanzo di amministrazione e garantendo un fondo di cassa finale non negativo”: è quanto evidenziato dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Veneto, nella delib. n. 317/2024/PRSP, depositata il 22 ottobre.

Una situazione di deficit di cassa è uno dei principali indicatori di squilibrio finanziario di cui devono essere analizzate le cause, e al quale devono essere trovati gli opportuni rimedi, così da ripristinare regolari flussi che consentano all’ente di far fronte agli obblighi di pagamento con tempestività e nel rispetto della normativa europea.

Inoltre, l’art. 183, comma 8, pur senza adottare un “bilancio di cassa”, impone che, al momento dell’assunzione di un impegno di spesa, sia accertata la compatibilità dei conseguenti pagamenti con gli stanziamenti di bilancio, a pena di responsabilità amministrativo-contabile e disciplinare.

Le linee guida dettate dalla Sezione  delle Autonomie nell’analisi dei “questionari” sui rendiconti finanziari, a partire dal 2016, attribuiscono estrema importanza alla verifica degli equilibri di cassa, all’analisi della composizione quali-quantitativa della cassa degli enti locali, all’utilizzo delle anticipazioni di liquidità e delle entrate vincolate; questi dati sono di regola studiati osservandone il trend evolutivo in un orizzonte triennale (cfr. deliberazioni n. 6/2017/INPR, 16/2018/INPR e 9/2020/INPR).

La cassa riflette le risorse che l’Ente può immediatamente spendere, per dare corso ai pagamenti dovuti; è composta da fondi liberi e fondi vincolati, questi ultimi alimentati da entrate che hanno un vincolo specifico correlativo ad una determinata spesa stabilito per legge, per trasferimenti o per prestiti (indebitamento).

La vera disponibilità di cassa – quella che esprime il surplus di risorse utilizzabili dall’Ente per la propria spesa – è data dai fondi liberi; infatti, i fondi vincolati possono essere utilizzati, in termini di cassa, per affrontare spese correnti per un importo non superiore all’anticipazione di tesoreria disponibile ai sensi dell’art. 222 del D. Lgs. n. 267/2000.

I fondi vincolati così utilizzati, poiché sopperiscono ad una temporanea difficoltà nei pagamenti venendo impiegati per finalità di pagamento non corrispondenti al vincolo che sugli stessi grava, devono essere tempestivamente ricostituiti, con i primi introiti non soggetti a vincolo di destinazione (art. 195, comma 3, D. Lgs. 267/2000).

Peraltro, la capienza del fondo di cassa contribuisce alla determinazione in termini di non negatività del risultato di amministrazione (art. 186, comma 1, D. Lgs. 267/2000) e l’eventuale corrispondente azzeramento onera l’amministrazione ad una puntuale ricognizione dei residui (Corte dei conti, sez. reg. di contr. Abruzzo, delib. n. 294/2021/PRSP per cui “il risultato di amministrazione del Comune è determinato esclusivamente dal saldo della gestione dei residui, essendo il fondo cassa dell’Ente pari a zero. Pertanto, è fondamentale operare una rigorosa ed attenta verifica delle voci classificate nei residui, finalizzata a mantenere in bilancio solo quelle per le quali la riscossione/pagamento possa essere previsto con un ragionevole grado di certezza”).

Gli enti locali possono sopperire ad una temporanea crisi di liquidità anche mediante il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, sempre nei limiti di cui all’art. 222 D. Lgs. 267/2000. Il ricorso all’utilizzo di tali entrate vincola una quota corrispondente dell’anticipazione di tesoreria: infatti, il limite fissato dall’art. 222 D. Lgs. 267/2000 è complessivo e, pertanto, se l’ente sta utilizzando anticipazione di tesoreria nei limiti massimi previsti dall’art. 222 del D. Lgs. n. 267/2000, non potrà contemporaneamente utilizzare entrate a destinazione vincolata per finanziare la spesa corrente e viceversa.

Tanto il ricorso a fondi vincolati per sostenere spese correnti, quanto l’utilizzo di anticipazioni di tesoreria devono essere limitati ad esigenze di liquidità temporanee, tese a “porre rimedio ad eccessi diacronici tra i flussi di entrata e quelli di spesa” (Corte Costituzionale, sent. n. 188/2014). L’utilizzo continuativo di tali istituti, oltre a essere sintomo di una crisi di liquidità strutturale che può celare gravi problemi di equilibrio finanziario, finisce per costituire una forma di indebitamento di fatto, come tale contraria all’art. 119, ultimo comma, Cost.