Motivazione della cancellazione dei residui: il warning della Corte dei conti

La cancellazione dei residui deve essere motivata opportunamente e non può essere assolutamente generica: è quanto si evince dalla delib. n. 153/2024/PRSE, depositata il 2 ottobre 2024.

In particolare, secondo i giudici:

  • la cancellazione dei residui attivi, a pochi anni di distanza dal loro accertamento, con la motivazione dell’intervenuta “sovrastima” dei medesimi è sintomo di difficoltà dell’ente territoriale nella programmazione e nella previsione delle entrate proprie; il fenomeno si presenta insidioso per le finanze comunali dal momento che le previsioni di entrata sono destinate a coprire le previsioni di spesa, con il risultato che una sovrastima delle prime espone l’ente a ritrovarsi con parte degli impegni, medio tempore adottati, priva di copertura;
  • la descrizione sintetica di “insussistenza” di un residuo asseritamente meritevole di cancellazione è insufficiente, non potendosi evincere da tale dicitura sintetica se l’inesigibilità del credito sia dovuta a fenomeni originari e coevi all’accertamento ovvero sopravvenuti (per incapienza del debitore o per prescrizione del credito, ad esempio).

Nella citata deliberazione, inoltre, i giudici avevano chiesto di precisare se, per i crediti non prescritti, fosse in corso comunque l’azione di recupero: ebbene, è stata stigmatizzata la risposta dell’ente locale, secondo cui “Circa il recupero dei crediti sospesi, si comunica che sono in corso l’emissione delle fatture dovute dal gestore del servizio idrico integrato per gli anni precedenti”. Secondo i giudici, infatti, “tale indicazione fa quindi supporre che il credito sia stato a suo tempo iscritto in bilancio in assenza dei debiti presupposti richiesti dalla contabilità armonizzata, dal momento che il D. Lgs n. 118/2011 e ss.mm.ii. richiede, ai fini dell’accertamento di un’entrata, un titolo giuridicamente perfezionato; il fatto che l’emissione delle fatture venga effettuata successivamente all’accertamento del credito e alla conservazione del residuo pare evidenziare una prassi di accertamento non conforme alla normativa in vigore”.

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