Il conto giudiziale che riporta l’operato cumulativo di più agenti contabili (c.d. gestione plurisoggettiva) è improcedibile se manca una analitica rendicontazione delle singole gestioni confluite nel conto, essendo necessario che il conto consenta di risalire all’imputazione delle singole operazioni ai diversi agenti che hanno operato: è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. giurisd. Veneto, nella sent. n. 153/2024, depositata l’11 settembre 2024.
Premesso che la qualità di agente contabile dev’essere riconosciuta in capo a chiunque abbia il maneggio del denaro (art. 178 RD n. 827/1924, lett. a) o vi si ingerisca anche solo di fatto (art. 178 RD n. 827/1924, lett. e), l’ordinamento ammetta la gestione plurisoggettiva nel modello delineato dall’art. 188 del R.D. n. 827/1924, secondo cui “Gli agenti indicati nell’articolo 178 del presente regolamento, oltre che della loro gestione personale, rispondono altresì dell’operato dei cassieri, impiegati o commessi di cui si valgono nel proprio ufficio, anche se la loro assunzione sia stata approvata dalle autorità competenti. Tale responsabilità non varia né diminuisce per la vigilanza, pel sindacato o pel riscontro che venisse esercitato da altri funzionari sulla gestione dei detti agenti.”.
Tale gestione, dunque, presuppone la rendicontazione amministrativa da parte dei soggetti di cui l’agente si avvale, la cui carenza costituisce una grave irregolarità della gestione, comunque ostativa all’esame del conto.
Infatti, i principi e le regole speciali che governano il settore della gestione del denaro pubblico sono ispirati ad esigenze di controllo e garanzia obiettiva per l’accertamento della correttezza e regolarità delle gestioni; pertanto, le finalità di garanzia a cui è preposto il conto giudiziale non possono essere eluse o pretermesse, stante l’indefettibilità del relativo giudizio, pur potendo convivere con le regole operative di gestione e con le concrete scelte organizzative che le singole Amministrazioni, dotate di autonomia organizzativa e normativa, possono dare a se stesse, ai loro uffici ed alla loro attività gestionale.
Le gestioni, quindi, devono essere organizzate in modo tale che i risultati dell’attività gestoria siano in ogni momento ricollegabili, in modo certo, chiaro e continuativo, con le scritture elementari e generali tenute dalla ragioneria dell’ente: e ciò deve necessariamente emergere in primis dal conto reso e sottoposto a giudizio.
Se, come è indubitabile, il conto deve essere idoneo a rappresentare i fatti di gestione e i relativi risultati (principio oggi positivizzato nell’art. 140, comma 2, c.g.c.), la sua forma ed i relativi contenuti debbono essere coerenti con questa finalità: di qui l’indefettibilità non solo dell’obbligo di rendicontazione (in ipotesi, anche in assenza di specifico modello), ma, sotto il profilo contenutistico, dell’obbligo di completa ed idonea rappresentazione dei fatti di gestione.
Diventa, conseguentemente, ostativa la circostanza che il conto sia rappresentativo di una gestione cumulativa ma non consenta di individuare i fatti della gestione -e, quindi, le responsabilità- imputabili a ciascuno dei soggetti che hanno avuto il maneggio del denaro.