Come evidenziato dal Consiglio di Stato, sez. V, nella sent. 27 agosto 2024, n. 7253, secondo le norme contabili applicabili agli enti locali, il riaccertamento dei residui è un’operazione preliminare all’approvazione del rendiconto annuale, necessaria al fine di verificare la attuale sussistenza delle spese (impegnate ma non liquidate e pagate, cosiddetti residui passivi) e delle entrate (accertate ma non riscosse, cosiddetti residui attivi) degli esercizi contabili precedenti.
L’attività di riaccertamento implica, in altri termini, la verifica dell’attualità dei relativi titoli della spesa o dell’entrata da inserire in bilancio; e può ordinariamente determinare l’eliminazione o la conferma dei residui attivi e passivi (art. 228, comma 3, del d.lgs. n. 267/2000: «Prima dell’inserimento nel conto del bilancio dei residui attivi e passivi l’ente locale provvede all’operazione di riaccertamento degli stessi, consistente nella revisione delle ragioni del mantenimento in tutto od in parte dei residui e della corretta imputazione in bilancio […]»).
Il riaccertamento, pertanto, costituisce una mera operazione contabile che non ha natura di attività provvedimentale, non essendo il frutto dell’esercizio di un potere amministrativo ma solo – come detto – di una attività interna che confluisce nel rendiconto di gestione (e in specie nel conto del bilancio: cfr. artt. 227 e 228 del d.lgs. n. 267 del 2000).
I relativi atti non sono idonei a produrre effetti giuridici esterni; i soggetti che si ritengono lesi dalle pretese dell’ente locale potranno comunque, anche in sede esecutiva, esercitare tutte le forme di tutela giurisdizionale ammissibili in base alla situazione giuridica soggettiva vantata.