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Mancata dichiarazione di una situazione di conflitto di interesse: legittima l’esclusione dalla gara

La mancata dichiarazione circa l’esistenza della comproprietà di un immobile commerciale tra il RUP e il legale rappresentante e unico socio del concorrente è idonea a determinare l’esclusione dalla gara di appalto per false dichiarazioni rilevanti: è quanto affermato dal Consiglio di Stato, sez. V, nella sent. 12 agosto 2024, n. 7097.

Come è noto, le norme di cui all’art. 80, comma 12 e all’art. 213, comma 13, del d.lgs. n. 50 del 2016 (il previgente Codice dei contratti pubblici, applicabile al caso specifico oggetto della sentenza) puniscono la falsa dichiarazione (o la dichiarazione non veritiera) dell’operatore economico, se commessa almeno con colpa grave; non rileva, pertanto, la condotta del RUP o le scelte da questo assunte nel corso del procedimento.

La colpa, secondo i principi, presuppone anzitutto la violazione della regola oggettiva di diligenza o perizia o comunque la inosservanza della regola cautelare. Nel caso di specie, rileva il parametro della diligenza.

Nei confronti di operatori economici professionali il parametro della diligenza deve essere individuato secondo un più elevato modello di comportamento, essendo imposto all’impresa uno specifico onere di verifica della correttezza e della veridicità della documentazione e delle dichiarazioni presentate nella procedura di gara. Sulla base di tale parametro, il grado della colpa deve misurarsi in relazione a quanto la condotta realizzata dal soggetto si sia discostata dalla regola di diligenza, anche per la complessità e la speciale difficoltà (arg. ex art. 2236 cod. civ.) dell’adempimento richiesto.

Nel caso di specie, secondo il Consiglio di Stato, la dichiarazione richiesta all’operatore economico circa l’esistenza/inesistenza di situazioni di conflitto di interesse, non presentava profili di particolare complessità o difficoltà, trattandosi di confermare, o non, che l’operatore economico partecipante alla gara non si trovava in una situazione di conflitto di interessi rilevante ai sensi dell’art. 42, comma 2 del d.lgs. n. 50 del 2016, secondo cui «Si ha conflitto di interesse quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che, anche per conto della Stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzare, in qualsiasi modo, il risultato, ha direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione. In particolare, costituiscono situazione di conflitto di interesse quelle che determinano l’obbligo di astensione previste dall’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, 62»; a sua volta, il richiamato art. 7 del d.P.R. n. 62 del 2013 (Codice di comportamento dei dipendenti pubblici), rubricato «Obbligo di astensione», stabilisce che «Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza»).

Per quanto si possa sostenere che non esista, all’interno del quadro normativo appena richiamato, una definizione univoca della nozione di conflitto di interessi, questo può definirsi come la situazione che si verifica quando, all’interno di una pubblica amministrazione, lo svolgimento di una determinata attività sia affidato ad un funzionario contestualmente titolare di interessi personali o di terzi, la cui eventuale soddisfazione implichi necessariamente una riduzione del soddisfacimento dell’interesse pubblico funzionalizzato (in termini Consiglio di Stato, Sezione VI, 22 marzo 2022, n. 2069).

Il compito affidato al concorrente (mediante la dichiarazione richiesta) era unicamente quello di dichiarare quei fatti, situazioni o rapporti con il personale della stazione appaltante preposto allo svolgimento della procedura di aggiudicazione del contratto (in primis il RUP), che comportassero direttamente o indirettamente, un interesse (finanziario, economico o altro) in capo al dipendente percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza. Certamente tra queste situazioni rientra il rapporto di comproprietà di un immobile commerciale, in grado di generare in capo alle parti plurimi interessi (economici o personali), di cui il legale rappresentante di Istra (che ha reso la dichiarazione) era pienamente a conoscenza (essendo egli il comproprietario insieme al RUP).

Pertanto, e per converso, la semplicità dell’adempimento comporta la particolare gravità della violazione di diligenza professionale commessa dall’operatore economico e giustifica, quindi, l’imputazione della condotta a titolo di colpa grave.