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Prestazioni da rendere da terzi: necessario documentare il rapporto con l’affidatario

Come ricordato dal TAR Lombardia, Milano, sez. IV, nella sent. 18 luglio 2024, n. 2237, l’art. 105, comma 1, del previgente Codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 50/2016), prevede che “i soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice eseguono in proprio le opere o i lavori, i servizi, le forniture compresi nel contratto”, con la conseguenza che, ove ciò non avvenga, si impone in capo all’offerente di chiarire, in via preventiva, il titolo che consente a soggetti diversi da esso affidatario di prestare la propria opera nell’appalto (una previsione analoga è contenuta nell’art. 119, comma 1, prima parte del nuovo Codice dei contratti pubblici di cui al D.lgs. n. 36/2023, secondo cui “I soggetti affidatari dei contratti eseguono in proprio le opere o i lavori, i servizi, e le forniture compresi nel contratto.”).

Il concorrente, infatti, può assumere l’impegno in relazione all’impiego delle proprie risorse, ma non può certo garantire il fatto del terzo, se non in presenza di un preesistente rapporto con esso (contratto di avvalimento, subappalto, contratto di prestazione di opera professionale, ecc.) che consente alla Stazione appaltante di verificare l’effettiva disponibilità delle richiamate ulteriori risorse.

L’impegno assunto in sede di offerta – dove sono stati indicati i nominativi di soggetti dipendenti da altra impresa non partecipante alla gara – non può essere mantenuto dal concorrente e non può neppure essere preteso dalla Stazione appaltante in sede di esecuzione, in carenza di un obbligo in tal senso a carico dei soggetti individuati come esecutori (sebbene in parte) dell’appalto.

Oltretutto, la necessità che sussista un previo rapporto, debitamente formalizzato e reso noto alla Stazione appaltante attraverso la documentazione presentata in gara, impedisce comportamenti opportunistici o elusivi da parte dei concorrenti (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, I, 7 marzo 2024, n. 1538), ovvero scongiura la possibilità che vengano “offerte” e indicate risorse estranee al patrimonio del partecipante allo scopo di ottenere l’ammissione a una gara o di beneficiare di un maggior punteggio, senza avere alcun titolo per disporre delle stesse e poterle poi impiegare in fase esecutiva; in aggiunta, si garantisce anche che il soggetto indicato come parte della squadra che deve eseguire la commessa sia consapevole di tale situazione (o lo sia l’impresa presso cui è incardinato).

A supporto delle raggiunte conclusioni, deve richiamarsi la giurisprudenza che non considera legittimi i contratti di avvalimento generici o indeterminati (Consiglio di Stato, V, sent. 10 gennaio 2024, n. 322), oppure impone l’esclusione dalla gara dei raggruppamenti in cui non siano specificate le quote di esecuzione in capo ai partecipanti (cfr. art. 48, comma 4, del D.Lgs. n. 50/2016; in giurisprudenza, cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sent. 12 gennaio 2021, n. 400).

Conseguentemente, i giudici milanesi hanno annullato l’aggiudicazione, considerata l’assenza di documentazione circa il rapporto fra l’aggiudicatario e i soggetti che avrebbero reso una parte delle prestazioni del contratto.