Gestione delle istanze di accesso civico generalizzato: le indicazioni dell’ANAC
Con Atto del Presidente del 17 luglio 2024, fasc. 3147 (https://www.anticorruzione.it/-/atto-del-presidente-del-17-luglio-2024-fasc.3147.2024), l’ANAC è tornata ad esprimersi sull’accesso civico generalizzazione, fornendo una serie di indicazioni generali utili per la gestione delle istanze.
Come è noto, la ratio sottesa all’accesso generalizzato, di cui all’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, è quella di “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”.
Con la determinazione n. 1309/2016 – recante le Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5, comma 2, del d.lgs. 33/2013 – l’Autorità ne aveva chiarito l’ambito operativo, evidenziando come “le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità” ma più ampio rispetto all’accesso documentale ex Legge n. 241/1990, potendo interessare non solo documenti bensì anche dati e informazioni.
Alla regola della generale accessibilità fanno da contraltare le numerose eccezioni poste a tutela di interessi pubblici e privati, che possono subire un pregiudizio dalla diffusione generalizzata di talune informazioni, enucleate dall’art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013. L’Autorità ha, altresì, precisato che “al ricorrere di queste eccezioni, le amministrazioni, rispettivamente, devono o possono rifiutare l’accesso generalizzato. La chiara identificazione di tali eccezioni rappresenta un elemento decisivo per consentire la corretta applicazione del diritto di accesso generalizzato” (cfr. Linee guida cit.).
Secondo le predette Linee guida, infatti, qualora ricorra uno dei limiti (eccezioni relative o qualificate) elencati ai commi 1 e 2 dell’art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013, l’amministrazione deve effettuare, attraverso la tecnica del bilanciamento, un’attività valutativa, caso per caso, tra l’interesse pubblico alla disclosure generalizzata e la tutela di altrettanto validi interessi considerati dall’ordinamento e verificare se l’ostensione degli atti richiesti determinerebbe un pregiudizio concreto e altamente probabile al predetto interesse.
Ne consegue che l’eventuale diniego o differimento dell’accesso saranno conformi al quadro normativo vigente laddove rappresentino l’unica soluzione atta a garantire adeguata tutela agli ulteriori interessi pubblici e/o privati concorrenti.
Giova, tuttavia, osservare che l’attività dell’amministrazione in ordine alla richiesta ostensiva è sempre discrezionale: ciò significa che sussiste un margine di apprezzamento in capo all’ente, seppur nel perimetro delle eccezioni e delle esclusioni predeterminate dalla legge, che si esprime proprio nella valutazione comparativa di tutti gli interessi coinvolti.
A fronte del silenzio serbato dall’amministrazione ovvero del diniego (totale o parziale) o del differimento dell’accesso, il cittadino ha la possibilità di esperire rimedi stragiudiziali e giudiziali: tra i primi rientrano il riesame al RPCT, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d.lgs. n. 33/2013, e il ricorso al Difensore civico per gli atti degli enti locali ex art. 5, comma 8.
Inoltre, resta ferma la facoltà di proporre ricorso al giudice amministrativo – anche avverso il riesame del RPCT – ai sensi dell’art. 116 c.p.a.
L’ANAC ha anche precisato che in sede stragiudiziale i soggetti aditi sono tenuti a vagliare il rispetto della disciplina normativa e regolamentare in materia e, in particolare, l’osservanza delle regole procedimentali nonché l’effettiva sussistenza dei limiti invocati a supporto del diniego o del differimento; il sindacato giudiziale, invece, si svolge secondo le forme previste per i ricorsi giurisdizionali e con le modalità specifiche indicate dall’art. 116 c.p.a.