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Incarichi di consulenza e assistenza prestati da soggetti in quiescenza: le indicazioni della Corte dei conti

L’art. 5, comma 9, del DL n. 95/2012, convertito in Legge n. 135/2012, rubricato “Riduzione di spese delle pubbliche amministrazioni”, rappresenta attualmente la principale fonte di disciplina del conferimento di incarichi esterni a soggetti in quiescenza da parte di una Pubblica Amministrazione e dispone che:

  • “è fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1 comma 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001… di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza”;
  • gli incarichi, le cariche e le collaborazioni di cui ai periodi precedenti sono comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, la durata non può essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione…”.

La Corte dei conti è intervenuta in più occasioni sulla corretta esegesi della disposizione:

  • ritenendo legittimo il conferimento di un incarico a personale in quiescenza per lo svolgimento (retribuito) di funzioni di staff al Sindaco, ai sensi dell’art. 90 TUEL, purché il medesimo non abbia ad oggetto l’espletamento di funzioni dirigenziali, direttive, di studio o di consulenza (cfr. sez. reg. di contr. Liguria, delib. n. 27/2016; sez. reg. di contr. Basilicata, delib. n. 38/2018; sez. reg. di contr. Lombardia, delib. n. 126/2022);
  • considerando esclusi dal divieto gli incarichi di docenza e quelli di membro di commissioni esaminatrici.

Il carattere tassativo della norma in esame è stato ribadito anche dalla giurisprudenza amministrativa nelle quali si sottolinea come, a fronte della previsione dell’art. 5 citato quale limite ad un diritto costituzionalmente garantito (quello di esplicare attività lavorative sotto qualunque forma giuridica), non siano consentite interpretazioni estensive o analogiche (cfr. parere del Consiglio di Stato n. 309 del 15 gennaio 2020 e, tra le più recenti, TAR Sicilia, Catania, sez. II, sent. 28 maggio 2024, n.1986).

La tassatività delle fattispecie vietate fa sì che le attività consentite si possano ricavare a contrario, non potendo le attività diverse da quelle elencate essere ricomprese nel divieto di legge. In tale prospettiva, alcune recenti decisioni della giurisprudenza contabile hanno circoscritto il divieto agli incarichi di studio e di consulenza ritenendoli esclusi per “attività di mera condivisione” quali la “formazione operativa e il primo affiancamento del personale neo assunto” (sez. reg. di contr. Liguria, delib. n. 66/2023) o le “attività di mera assistenza” (sez. reg. di contr. Basilicata, delib. n. 38/2018; sez. reg. di contr. Lombardia, delib. n. 126/2022; sez. reg. di contr. Lazio, deib. n. 88/2023 e delib. n. 80/2024; sez. reg. di contr. Liguria, delib. n. 133/2023).

Altra giurisprudenza, invece, ritiene che l’attività di supporto e formazione in determinate materie al personale neoassunto si sostanzi, tout court, in una consulenza specialistica che ricade nel divieto dell’art. 5 citato (cfr. sez. reg. di contr. Sardegna, delib. n. 139/2022 e delib. n. 90/2020).

Di recente, con la delib. n. 172/2024/PAR, depositata il 15 luglio, la Corte dei conti, sez. reg. di contr. Lombardia, ha chiarito che solo se l’attività da svolgere da parte dell’ex dipendente comunale in quiescenza è di supporto, affiancamento e assistenza a personale neoassunto ed è limitata ad una formazione di orientamento ed al primo affiancamento, circoscritta nel tempo (poche settimane), l’attività può essere qualificata di mera assistenza e, quindi, non ricompresa nei limiti e divieti dell’art. 5 del DL n. 95/2013. Ove, invece, essa consista in un supporto qualificato per adiuvare o formare il neoassunto nello svolgimento di determinate materie (ad es. edilizia, appalti, discipline finanziarie), l’attività va qualificata come consulenza che rientra tra gli incarichi di collaborazione ad esperti ai sensi dell’art. 7, comma 6, del D.lgs. 165/2001.

I giudici contabili lombardi hanno rilevato che l’attività di formazione del neoassunto non richiede, di norma, una “mera assistenza” ma, in presenza di attività complesse, un sostegno conoscitivo da parte di un esperto, maturato nella pregressa esperienza e conoscenza. Per tale ragione la formazione del personale, sia in ambito pubblico che privato, viene affidata ad esperti mediante contratti di consulenza ovvero di collaborazione a titolo oneroso; prestazioni vietate ai dipendenti in quiescenza (e anche ai dipendenti cessati dal servizio ma non ancora in quiescenza nei termini stabiliti dall’art. 24 della L. 724/1994).

Peraltro, nelle pubbliche amministrazioni, in disparte le verifiche sulle competenze e conoscenze, anche pratiche, effettuate in sede concorsuale, è ormai esperienza comune che i neoassunti seguano percorsi di formazione in house/aula, attraverso appositi corsi piuttosto che su varie piattaforme on line (cfr. la nuova piattaforma on line del Dipartimento della Funzione pubblica Syllabus – Direttiva Formazione 2024).

L’esigenza di formazione, riqualificazione e aggiornamento per natura specialistica riguarda tutti i dipendenti pubblici tanto che l’art. 6 del D.L. 80/2021, convertito in L. n. 113/2021 ha previsto regolare attività di formazione attraverso il Piano Integrato di Attività e di Organizzazione (PIAO).

Si tratta, in buona sostanza, di attività che richiedono competenze specialistiche e che non possono essere ricomprese nella nozione di “assistenza”, al solo fine di eludere le chiare e precettive limitazioni delle norme sopra richiamate.

Alla luce di questa ricostruzione giurisprudenziale e normativa, è riservato al Comune valutare se, nel concreto, l’oggetto dell’incarico da affidare all’ex dipendente in pensione abbia le caratteristiche di un incarico di consulenza (vietato a titolo oneroso, ma consentito a titolo gratuito) o quelle di un incarico di mera assistenza (ammesso).