Debito di custodia e debito di vigilanza: solo nel primo caso c’è l’obbligo di resa del conto giudiziale
Come ricordato recentemente dalla Corte dei conti, sez. giurisd. Campania, nella sent. n. 401/2024, depositata il 12 luglio 2024, il debito di custodia si caratterizza per il maneggio di denaro e/o di materie, e, in quest’ultimo caso, per la gestione di cassa o di magazzino (sez. giurisd. Toscana, sent. n. 56 del 3 marzo 2016; seconda sezione Appello, sent. n. 963 dell’11 dicembre 2017); di conseguenza è l’esigenza di registrare e rendicontare tutti i movimenti della gestione contabile e il relativo risultato a saldo, cioè di giustificare il debito o il credito dell’agente contabile come risultato delle operazioni di gestione da lui compiute, che impone allo stesso la presentazione del conto giudiziale, in esito al quale la Corte dei conti provvede al discarico o all’addebito (sez. giurisd. Abruzzo, sent. n. 62 del 15 luglio 2020), configurandosi, così, un obbligo restitutorio dei beni o delle materie in deposito.
Diversamente, il debito di vigilanza fa riferimento al soggetto che ha la funzione di sorvegliare il corretto impiego dei beni dati in uso agli utilizzatori nonché nelle ipotesi di gestione delle scorte operative di beni assegnati all’ufficio e destinati all’uso: si parla, in quest’ultimo caso, di “agente amministrativo” tenuto alla definizione del conto amministrativo (sez. giurisd. Piemonte, sent. n. 302 del 25 novembre 2021; sez. giurisd. Calabria, sent. n. 213 del 12 dicembre 2022), con il conseguente obbligo di dimostrare la consistenza e la movimentazione dei beni attraverso le scritture dell’Ente (inventario, giornale di entrata e di uscita, prospetto delle variazioni, buoni di carico e di scarico, scheda dei beni mobili, ecc.) (sez. giurisd. Trentino Alto Adige, sent. n. 53 del 14 dicembre 2016), anche ai fini del controllo di gestione (sez. giurisd. Toscana, sent. n. 3 del 5.1.2017).
In definitiva, sussiste l’obbligo di custodia quando i beni di proprietà dell’ente non sono stati dati in uso ai dipendenti dell’amministrazione o a soggetti terzi ma si trovano nella materiale disponibilità del soggetto incaricato, tenuto a compiere un’attività tesa alla conservazione degli stessi, per lo svolgimento di attività di servizio o comunque connesse all’espletamento delle funzioni istituzionali; ricorre, invece, l’obbligo di vigilanza ogni qualvolta i beni, previamente inventariati, siano messi in uso, mediante la materiale consegna agli utilizzatori, per lo svolgimento dell’attività di servizio e i beni di nuova introduzione siano acquistati dall’ente nei limiti strettamente necessari alle esigenze di funzionamento dei singoli uffici.
Quindi, in riferimento al soggetto che gestisce beni immobili o mobili già in uso degli uffici, nei suoi confronti non si ravvisano i caratteri tipici dell’obbligo di custodia connessi alla gestione di cassa e di magazzino, atteso che il concetto stesso di debito di custodia presuppone la presa in carico e lo scarico dei beni, con la conseguente incompatibilità con la gestione di beni immobili (sez. giurid. Friuli Venezia Giulia, sent. n. 17 del 17 febbraio 2014; sez. giur. Abruzzo, sent. n. 102 del 15 ottobre 2015; sez. giur. Trentino Alto Adige-Trento, sent. n. 39 del 21 settembre 2017, sez. Campania, sentt. 561-564/2023) e dei beni mobili senza obbligo di custodia (sez. giur. Calabria, sent. n. 157/2014, n. 313/2020; Campania, sent. n. 61/2024; sent. II App. n. 963/2017; sent. Sicilia, n. 79/2019).
Pertanto, il conto relativo a beni immobili e a beni mobili senza obbligo di custodia eventualmente reso deve ritenersi di natura amministrativa e non giudiziale.