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Il libro cassa non può sostituire il conto dell’economo

Come è noto, l’obbligo di resa del conto consiste nella rappresentazione dei risultati della gestione contabile dell’agente, con i movimenti in entrata ed in uscita analiticamente descritti per specificazione degli importi, dei titoli e delle causali, costituiti anche dalla differenziazione delle partite di carico e delle partite a discarico dell’agente contabile, in modo da rappresentare i fatti di gestione in modo tale da consentirne il raccordo con le scritture contabili dell’ente.

Sulla base di tale premessa, la Corte dei conti, sez. reg. di contr. per la Campania, nella sent. n. 375/2024, depositata il 4 luglio 2024, ha affermato che un libro cassa, inteso quale strumento contabile utilizzato dalle imprese e dagli enti per tenere traccia delle entrate e delle uscite di denaro e, come tale, fondamentale per una corretta gestione delle finanze dell’ente, in quanto permette di monitorare l’andamento della liquidità dell’ente stesso e di avere un’idea precisa dei flussi di cassa, non può certamente tener luogo di un conto giudiziale.

Ed infatti, un libro cassa è ben lontano dall’aggregato documentale finalizzato alla rendicontazione del fondo cassa economale, necessario affinché si possa desumere, ricostruire e tracciare inequivocabilmente la gestione contabile delle spese, dei relativi reintegri e dei saldi finali; ovvero, affinché si possa quanto meno ritenere procedibile il conto presentato.