Mancata apposizione dei vincoli di cassa: il warning della Corte dei conti

È importante, ai fini dell’attenuazione del rischio di emersione di futuri squilibri di bilancio, la corretta apposizione di vincoli alle entrate riscosse, nonché della relativa osservanza nella successiva gestione, in quanto la mancata corretta apposizione dei vincoli sulle giacenze di cassa costituisce un comportamento contrario alla sana gestione e determina una non corretta quantificazione del fondo cassa che condiziona in concreto, ai sensi dell’art. 186 del TUEL (D.lgs. n. 267/2000), la genuina determinazione del risultato di amministrazione: è quanto ribadito dalla Corte dei conti, sez. reg. contr. Marche, nella delib. n. 103/2024/PRSP, depositata lo scorso 21 giugno, richiamando la delib. n. 94/2020/REF della sez. reg. contr. Emilia-Romagna.

La recente giurisprudenza contabile ha avuto modo di sottolineare come “il riconoscimento del vincolo di cassa si renda funzionale a corroborare la effettiva attuazione delle finalità perseguite dalle norme e fatte proprie dagli enti locali, in quanto assicura la disponibilità delle necessarie risorse per far fronte prontamente agli interventi programmati” (Sez. Autonomie, delib. n. 17/2023/QMIG).

L’esigenza che le risorse vincolate giacenti in cassa non siano distolte dalla loro originaria destinazione (impressa dalla legge o dalla volontà di terzi finanziatori) traspare chiaramente nell’art. 195 del TUEL che, nell’ammettere deroghe al vincolo di destinazione di tali risorse, pone, tuttavia, vari limiti, quantitativi e procedimentali, nonché, la necessità che i movimenti di utilizzo e di reintegro delle somme vincolate siano oggetto di registrazione contabile secondo le modalità indicate nel Principio applicato della contabilità finanziaria (cfr. Sez. Autonomie, delib. n. 31/2015/INPR; sez. reg. contr. Emilia-Romagna, delib. n. 108/2020/PRSP; sez. reg. contr. Veneto, delib. n. 157/2020/PRSE).

Fondamentale in questo quadro è, pertanto, la verifica da parte dell’organo di revisione del fondo cassa (cfr. sez. reg. contr. Emilia-Romagna, delib. n. 27/2023/VSG).

Le verifiche di cassa devono essere svolte con grande rigore. In proposito, si rammenta che il fondo cassa, a differenza di altre poste di carattere eminentemente valutativo che compongono il risultato di amministrazione (come i residui attivi e passivi), è una partita che ha un obiettivo riscontro finanziario (Corte Cost., sent. n. 49/2018).

Invero, il legislatore qualifica espressamente la disamina delle giacenze di cassa come attività di verifica; di conseguenza, nella fattispecie attinente la verifica di cassa, l’analisi campionaria non può trovare, naturaliter, alcuno spazio: essa appartiene alla scienza dell’organo di revisione che è chiamato dall’ordinamento ad una verifica a cadenza trimestrale (art. 223 e 224 del TUEL) (cfr. sez. reg. contr. Emilia-Romagna, delib. n. 27/2023/VSG).

Sul piano generale, inoltre, i giudici hanno osservato che “anche se il punto 10.6 dell’all. 4/2 al d.lgs. 118/2011 impone, formalmente, che solo all’1.1.2015 il Responsabile finanziario quantifichi la giacenza vincolata, questa operazione va compiuta di anno in anno, allo scopo di facilitare le operazioni del Tesoriere nell’utilizzo della cassa vincolata; diversamente, risulta alquanto problematico ricostruire puntualmente la consistenza dei fondi vincolati e verificare il costante rispetto dei limiti di cui agli art. 195 e 222 T.U.E.L.” (cfr. sez. reg. contr. Calabria, delib. n. 113/2021/PRSP).

Per completezza, si ricorda inoltre, che analoghi obblighi di separata contabilizzazione delle entrate vincolate sono, altresì, previsti a carico dell’istituto tesoriere (cfr. art. 209, comma 3-bis, del TUEL).

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